I bambini non si toccano! Un insegnante che picchia un alunno deve essere licenziato (oltre che denunciato e condannato). L’ho già scritto dappertutto!
Ma forse non è chiaro questo: nemmeno gli insegnanti si toccano!
Se i genitori si permettono, non solo di insultare, di minacciare, di denunciare (per la sola ragione che sono fortemente iperprotettivi nei confronti dei loro figli cresciuti come irresponsabili perché viziati fino all’inverosimile), ma anche di picchiare con calci e pugni e di mandare all’ospedale insegnanti colpevoli di aver rimproverato (dico “R-I-M-P-R-O-V-E -R-A-T-O) il loro figlio, o se ai ragazzi viene in mente di sferrare pugni nello stomaco, di spingere, di dare calci e di sfregiare il viso agli insegnanti con coltelli a serramanico, di chi è la colpa?
DI CHI È LA COLPA DELLA VIOLENZA VERBALE E FISICA CONTRO GLI INSEGNANTI?
La colpa è della campagna denigratoria portata avanti dalla società tutta, sostenuta da molti giornalisti che ci vedono l’occasione per vendere più copie o avere più audience; è colpa delle dichiarazioni di politici e addirittura ministri, che dipingono gli insegnanti (in modo più o meno esplicito) come lavoratori fannulloni e impreparati, nonché di “specialisti” vari che senza aver messo mai piede in una classe distribuiscono colpe agli insegnanti; è colpa del fatto che, avendo la società già condannato gli insegnanti, i genitori si sentono in diritto di punirli, convinti di “fare la cosa giusta”, di “fare giustizia” e sicuri che nessuno muoverà un dito per punirli; ed è colpa dei governi (tutti), che nascondono le loro carenze favoleggiando di risorse sempre più consistenti, trattando gli insegnanti come pezzenti ai quali non rinnovare il contratto per otto anni, e quando finalmente lo rinnovano, lo fanno con cifre da elemosina di un tirchio, oltretutto aumentando la mole di lavoro (spesso inutile) di una professione già gravosa e usurante, ignorando tutto il lavoro sommerso (anzi, continuando a dire che gli insegnanti lavorano 18 ore alla settimana, così da fare imbufalire chi ci crede, cioè la stragrande maggioranza), fingendo che gli studi sul burnout legato allo stress dell’insegnamento non esistano.
Cari colleghi, ma vogliamo continuare a essere considerati dei fannulloni, degli incapaci? Vogliamo essere i più patetici lavoratori della società? Pensate che “essere bravi insegnanti” significhi subire ingiustizie continue, sopportare mancanza di rispetto o colpevolizzarsi e autopunirsi? Ma che cosa devono ancora farci perché smettiamo di tollerare? Continuiamo a dare la colpa a noi stessi? Ma andiamo in massa in terapia, allora, sperando di imparare a rispettare noi stessi, a strapparci di dosso i sensi di colpa che a forza di ripeterci che siano degli incapaci fannulloni ci hanno inculcato! Finiremo per credere anche noi di avere tre mesi di ferie! Finiremo per pensare di lavorare solo 18 ore a settimana! A questo punto tanto vale metterci da soli le orecchie d’asino e girare per i corridoi con un cartello dietro la schiena che dice “Prendetemi a calci”!
Ma si può sentire che una dirigente dice che i ragazzi sono minorenni e che, se prendono a pugni una professoressa, “ci può stare”? Si può sentire che il ragazzino che ha mandato all’ospedale la professoressa è stato “sospeso con obbligo di frequenza”? “CON OBBLIGO DI FREQUENZA”? (urlato). Ma scherziamo? Ma questa idea di “sospensione con obbligo di frequenza” chi l’ha inventata? Sono anni che nelle scuole c’è questa moda assurda. O si sospende o non si sospende. Che cosa capisce un ragazzino se gli si dice che viene sospeso “ma deve venire a scuola lo stesso”? Se viene, noi insegnanti facciamo finta che non ci sia? Non gli correggiamo gli esercizi? Non gli rivolgiamo la parola? Se ci dà un pugno o lo dà a un compagno fingiamo che non sia successo perché in realtà è come se non ci fosse? Ma via! Ma che senso ha? E che cosa dire del fatto che nella scuola in cui un ragazzino ha mandato all’ospedale una docente, è stata fatta denuncia di “infortunio sul lavoro”? Ma scherziamo? Ma quale infortunio? Si chiama “infortunio” se l’insegnante ruzzola giù per le scale. Se prende dei pugni si chiama “aggressione” e, se l’alunno è minorenne, sono responsabili i genitori. Si chiama “culpa in educando”.
Ma vogliamo dirlo che il 99 per cento delle volte, quando non riusciamo a fare lezione non è colpa nostra? Se ci sono volte in cui non riusciamo a fare lezione è perché in classe ci sono ragazzi semplicemente educati malissimo, viziati, abituati a fare quello che vogliono con chiunque, a qualunque ora e in qualsiasi situazione; ce ne sono altri che hanno problemi comportamentali perché a casa vivono una situazione di disagio, sono disabituati a una vita regolare e si sentono costretti a stare in classe ma vorrebbero essere altrove, a rubacchiare o a fumare o a farsi una canna, o semplicemente a picchiare perché magari in famiglia sono abituati a vedere e ricevere botte e calci. Vogliamo dirlo che in ogni classe c’è un gruppetto di ragazzini che sono interessati alle lezioni, si impegnano, sono ben educati, gentili e disponibili, ma vengono derisi e bullizzati da quelli che li chiamano “sfigati” o “froci” perché non sono come loro? Vogliamo dirlo che se i bambini e i ragazzi hanno reazioni violente è perché i genitori non li hanno mai rimproverati? Vogliamo urlare, finalmente, che l’insegnamento di qualunque cosa deve prevedere anche la possibilità del rimprovero? E che il rimprovero è indispensabile per far capire quali sono i limiti? Vogliamo dirlo che abbiamo davanti classi tanto piene di alunni che si inciampa negli zaini mentre si cammina fra i banchi, e che tutti quegli alunni sono bisognosi della nostra attenzione, e hanno tanti problemi ma non possiamo aiutarli perché sono troppi? Vogliamo dirlo che in queste classi pollaio (dove l’insegnante è spesso da solo), se c’è un bambino affetto da uno dei tanti problemi psichiatrici che per esempio comportano urla, crisi di nervi, fobie, lancio di oggetti, di sedie, di libri non si può fare lezione? E aggiungiamoci anche che gli insegnanti di sostegno sono troppo pochi, e che comunque vengono invitati a restare sempre in classe, qualunque cosa succeda e in certe situazioni questo è sbagliato?
Noi insegnanti a scuola ci lavoriamo. Stancarci è normale. Usurarci no. Essere sbeffeggiati, neanche.
Gli insegnanti non devono essere insultati né dai ragazzi né dai genitori. E nessuno deve toccare un insegnante, come l’insegnante non deve toccare genitori o alunni. Se un genitore picchia un insegnante (o anche se lo minaccia o lo insulta) deve assolutamente essere denunciato alle autorità competenti per aggressione a pubblico ufficiale, o lesioni, ecc. E ogni insegnante deve farlo a titolo personale. I dirigenti che pensano di appianare le cose, o di mettere a tacere la cosa per il buon nome della scuola (leggi: per non perdere “clienti”) lo facciano quando le botte le prendono loro.
Se i bambini anche piccoli sono abituati a casa loro (o se hanno dei problemi psicologici o psichiatrici) a dare calci nelle gambe o a lanciare penne in faccia, non dobbiamo tollerarlo. Non siamo di gomma: i colpi lasciano i segni. Anche perché se per disgrazia, sentendo il forte dolore negli stinchi colpiti ci venisse di istinto di allontanare il bambino con una spinta (come magari sua madre fa con lui quando è a casa), apriti cielo! “Hai dato una spinta al mio bambino!”. Se per disgrazia, cercando di ripararci dai pugni di un alunno allungassimo una mano e un nostro sfortunato dito andasse a finire nel suo occhio, apriti cielo! Ci conviene cavarci da soli anche il nostro occhio, perché finiremmo subito su tutte le testate giornalistiche, sui telegiornali e sui social (“Insegnante infila un dito nell’occhio a un alunno che aveva risposto male. Il Ministero manda gli ispettori”).
Ma, cari colleghi, date un’occhiata al vostro stipendio, leggete gli insulti sui giornali, ricordate tutte le ore che lavorate a casa, di sera, di notte, di sabato, di domenica, e durante tutte le feste comandate, e ditemi se ha senso accettare di avere lividi nelle gambe, ferite, pugni e perfino coltellate. Ricordatevi anche di tutte le volte che avete tirato fuori i vostri soldi per aiutare degli alunni. È arrivato il momento di non tollerare più neanche una parola storta da parte di genitori e di alunni.
Che sia molto ben chiaro come la penso (non mettetemi in bocca parole che non ho detto): è assolutamente nostro dovere (e credo di averlo detto in tutti i modo da anni e dappertutto) fare di tutto per i bambini e i ragazzi, e cercare in ogni modo di essere di aiuto e capire anche i genitori. Ma prendere le botte (o anche solo rischiare di prenderle) no! Abbiamo passato tutti i limiti! Non si può e non si deve più tacere.
Riassunto di tutto l’articolo: gli insegnanti non si toccano! Non si deve più sopportare nulla, neanche una piccola mancanza di rispetto da chiunque arrivi. Figuriamoci le aggressioni fisiche. Quando succede, si sporge denuncia recandosi dai carabinieri. Se gli alunni sono minorenni si sporge denuncia. Se i bambini hanno delle patologie che li rendono violenti si pretendono soluzioni adeguate. Ricordate tutto quello che facciamo per i nostri alunni e per la Scuola. E smettete di essere delle vittime da sacrificare. Ribellatevi tutti insieme. Ribelliamoci.
P.S. Vi invito a guardare il video della puntata di Tagadà del 16 febbraio 2018. Dal 40′. Consiglio di calare un velo pietoso sugli interventi di Angela Azzaro, che non conosco se non per averla ascoltata qui, ma leggo che è una giornalista. La prova che per capire è necessario conoscere che cosa significa gestire una classe.
P.S. I politici parlano di tutto meno che della Scuola. Oppure fanno i soliti discorsi generici triti e ritriti. Votate chi promette cose precise. Siamo stanchi di “la Scuola sarà importante!” ecc.