LETTERA APERTA AGLI IGNORANTI (che non la leggeranno). Terza Parte. La laurea serve eccome, ma …

Idee e riflessioni
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La laurea serve, eccome (ma non è sufficiente).

Quello della laurea è un argomento tabù, che però voglio affrontare.
Appena si pronuncia la frase “La laurea serve” chi non ce l’ha pensa subito di essere discriminato e si ribella, offeso. Ma devo dire che anche qualche laureato si mette sulla difensiva.

Sui social girano da anni voci come queste:

“La laurea non serve a niente”,
“Chi ti credi di essere perché hai studiato?”,
“Studiare non serve a niente”,
“Quello che c’è da sapere non si impara su polverosi libri”,
“Questo lo dice lei”, ecc.
Sono frasi scritte o pronunciate da chi non ha studiato niente o ha studiato poco.

E girano anche da parte di chi ha studiato frasi come queste, che interpretano la mia “lettera aperta agli ignoranti” come un attacco alla “democrazia”, e la prova che sono antidemocratica, e arrogante:

“Insomma, le persone che non hanno studiato non dovrebbero avere diritto ad esprimersi? Questa posizione mi pare assai antidemocratica ed elitaria”.
“Chiedere agl’ignoranti di estromettersi dal mondo delle opinioni significa aver rinunciato a capire il mondo.”
“Il problema non è l’ignoranza, che è sempre esistita, e anzi è in netto calo. Piuttosto è l’arroganza, che cerca di zittire opinioni meno illuminate. Non è che abusando chi non ha studiato uno contribuisca alla causa della cultura. Molto triste soprattutto perché’ proviene da un’insegnante [che sono io, n.d.r], che dovrebbe appunto insegnare e non insultare.”
“L’ignoranza si combatte con pazienza, magari offrendo una mano, non sbraitando ‘stai zitto’.”

Risulta chiara una cosa: come spesso accade sui social, chi ha commentato non ha letto bene quello ho scritto, ha capito fischi per fiaschi, non conosce bene né le parole che usa né quelle che legge. Non credo sia il caso di mettersi a dimostrare quanto fanno acqua le affermazioni che ho citato. Mi sono limitata a evidenziarle in grassetto.

Però faccio una premessa. La laurea non è certo garanzia di intelligenza, di onestà, di sensibilità o di competenza. Probabilmente conosciamo tutti persone che hanno una o più lauree, che sono persone da disprezzare per quello che dicono e per quello che fanno. E – dall’altro lato – persone che non hanno studiato che sono rispettabilissime e anche intelligenti. È vero però che la laurea testimonia almeno che sei stato seduto a studiare (e giudicato) per almeno diciassette anni (a volte molti di più) molto di quello che gli uomini e le donne del passato vicino o lontano hanno capito e ci hanno trasmesso.

 I concetti da discutere quando si usa o si legge la parola “ignorante” sono questi:

•         che cosa intendete, voi, per “ignorante”? Siete sicuri di avere le idee chiare su questo termine? Pensate a uno che non ha studiato? Ma veramente? Io non credo.

•         Non è piuttosto che si usa “ignorante” quando si dovrebbe dire invece “maleducato”, “insensibile”, o “volgare” o “disonesto”? In questo caso è un errore vostro.

•         Quando usate questa parola?

•         Come definite voi una persona “che non conosce un certo argomento” o “che non conosce quasi niente della maggioranza degli argomenti? E uno che “non conosce nessun argomento che non sia legato al vivere quotidiano più semplice”? Cioè: se parli di fatti storici, o di personaggi politici, o storici, o di epoche lontane cinquanta o cento anni, o di matematica, o di fisica, o di chimica o di letteratura, o di arte e una certa persona non conosce niente di niente, come chiami questa sua non conoscenza? Perché non conosce quegli argomenti? E perché, se non conosce un argomento, è giusto che esprima su quell’argomento, urlando, il suo parere, anche se è basato sul nulla? A che cosa serve? È libertà di parola? È “lasciamolo parlare poverino anche se dice un sacco di sciocchezze altrimenti si sente discriminato”? Che senso ha, mi chiedo? Quale apporto reale può dare alla discussione sui problemi economici dell’Italia o su qualunque altro argomento che riguarda fatti complessi l’opinione di una persona che non conosce neanche il significato dei più importanti termini, né i fatti, né i meccanismi, nulla? Una persona come me, per esempio, quando si parla di economia: non so quasi nulla di economia. Solo che io ne sono consapevole e taccio. Perché il mio entrare in una discussione sull’economia non l’arricchisce, e – anzi-  crea solo confusione. Sono ignorante di economia. Lo dico forte. E allora? Che male c’è? Non c’è niente di male a non sapere. Il male sta nel pretendere di sapere di più di quello che ha studiato anni quell’argomento.
Ci sono delle professioni che si possono fare solo se hai una certa laurea. E per altre devi essere anche specializzato.
Per altri tipi di lavoro non occorre avere una laurea; ma un diploma. Per altri ancora non occorre né laurea né diploma. Serviamo tutti nella società, naturalmente. Ma tutti dobbiamo sapere che cos’è la “libertà di parola”. Che non è – voglio proprio dirlo- la libertà di dire sciocchezze.

Quando si parla di argomenti per conoscere i quali occorre aver studiato, avere una laurea specifica, che senso ha che una persona che non ha studiato nulla di quell’argomento pretenda di controbattere e di insegnare a chi si è laureato su quella materia? Ha senso perché siamo liberi? Perché tutti hanno diritto di parola? Perché? Tutti hanno diritto di parola, ma non dovrebbe essere normale che chi non ha studiato quel certo argomento sia consapevole della sua ignoranza (o, se preferite, della sua “non conoscenza dell’argomento”)?

Dunque: la laurea serve senz’altro quando si parla di argomenti per conoscere e capire i quali bisogna aver studiato molti anni. Per fare degli esempi: di astronomia, di medicina, di ingegneria, di chimica si parla fra laureati; di quanto è bella la primavera, di quanto è buono il formaggio con le pere, o di quanto mi piace (ma non di quanto vale!) un quadro o un film possiamo parlare tutti.

Ma bisogna assolutamente dire che la laurea certifica che una persona possa discutere di un argomento complesso perché ha studiato tutto quello che è stato capito e scoperto, ma non garantisce che sia una brava persona, o che sia onesta, o simpatica, o intelligente (e qui ci sarebbe da discutere molto), o gentile, o empatica, ecc.  E nemmeno che sia davvero colta, perché potrebbe sapere bene solo la materia che ha studiato.
Bisogna chiarire bene questo punto.

In conclusione: una persona che non sa nulla di un argomento è “ignorante di quell’argomento”; una persona che non sa nulla di tutti o quasi  gli argomenti di studio è decisamente ignorante. Direi che è un dato di fatto. Non c’è da vergognarsene. Ma neanche da vantarsene.

Una persona che ha una laurea in chimica può essere ignorante di tanti altri argomenti. Ma non è “decisamente ignorante”, perché nel suo percorso di studi (che durano anni) qualcosa ha dovuto studiare di tanti argomenti. Chi non sa, dovrebbe avere il buon senso di tacere.
Ma il problema grosso è che chi non ha studiato non ha la minima idea di tutto quello che c’è dietro a un argomento, proprio perché non ha studiato. Non sa di non sapere. Non sa che cosa è la cultura. Crede che quello che sa lui, (perché magari lo ha letto su una rivista o in un articolo su internet di chissà chi) sia l’unica possibilità, specialmente se comincia con “non vi dicono la verità!”. Non sa che per ogni teoria ne esistono tante altre ugualmente possibili; ma non sa che per ogni teoria esistono tante altre teorie sbagliatissime, e tante bufale. Alle quali lui spesso crede, e senza rendersene conto si fa portavoce dei creatori di bufale.

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