La cultura non è morta.

Idee e riflessioni
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Ottime notizie: la cultura non è morta.

Se amate i libri e la cultura, vi raccomando di entrare nei padiglioni del Salone Internazionale del Libro di Torino: è decisamente un altro mondo.

È un mondo parallelo in cui migliaia e migliaia di uomini, donne, ragazzi e bambini – per cinque giorni all’anno – possono entrare e vivere ore e ore immersi nella cultura, che si respira non sono attraverso i libri, gli audiolibri, gli scrittori, i disegnatori, i filosofi, i musicisti, i giornalisti, i divulgatori di cultura, gli insegnanti, i registi, i fotografi, i sociologi, gli psicologi, gli psichiatri, gli psicoterapeuti, gli storici, (uomini, donne, italiani e stranieri) ecc., ma proprio attraverso i visitatori, che provo a descrivere perché sono gli abitanti temporanei di questo mondo dove la cultura è la regina assoluta.

Chi sono? Gente di tutte le età: neonati dormienti nel marsupio, bambini, piccoli, ma grandi abbastanza per godere dei libri coloratissimi che trovano dappertutto e che mamme lungimiranti insegnano ad amare; bambini a classi intere, pieni di un entusiasmo quasi incontenibile (genitori ringraziate i coraggiosi insegnanti che portano le classi nonostante il rischio di perderne qualcuno nella folla con tutto il terrore che ne consegue);  adolescenti e ragazzi, a coppie o a gruppetti di amici, che guardano, indicano, esclamano e comperano; frotte di giovani che, più pacatamente ma con occhi interessati, soli, a coppie o con famiglia al completo, cercano stand, consultano tabelloni e mappe, si fermano, leggono, commentano; uomini e donne (anche ultraottantenni) che si spostano, a piedi o in carrozzella, soli, o insieme, come spinti dal bisogno di scoprire, di non perdersi nulla, di guardare, sfogliare, leggere e portare a casa libri, audiolibri, e oggetti legati alla loro passione; amici e amiche, che hanno in comune l’amore per i libri, ed entrano in questo mondo parallelo insieme, scambiandosi consigli, condividendo entusiasmi e interminabili code.

Come sono? Quello che colpisce è la grande varietà che c’è nella folla che vive otto ore (o di più) in questo mondo parallelo. Forse chi non c’è mai stato immagina che all’interno ci siano solo “topi di biblioteca” (corriere.it: “Lettore accanito, assiduo frequentatore di biblioteche, erudito che passa il suo tempo in mezzo ai libri a studiare e divorare volumi, come un topo chiuso in una biblioteca a rosicchiare pagine”), vestiti in modo poco appariscente, tutti seri e composti, con gli occhiali, ecc. No. Se ci si ferma a osservare, come ho fatto io, per godere appieno di questo spettacolo, si vede di tutto. Ed è questa la prima cosa che salta agli occhi: i lettori esistono, sono tanti, sono ovunque e ce ne sono di tutti i tipi. Non sono solo topi di biblioteca, o persone che pensano solo ai libri, per lavoro o per diletto, serie e composte, o -nell’immaginario di chi non legge- anche un po’ noiose.

Al Salone l’abbigliamento lascia trasparire la grande varietà dei lettori:  scarpe sportive, sandali intrecciati, stivaletti, stivali, mocassini, sneakers, ballerine, decolté, infradito, tacco 12. T-shirt, polo, canotte e vestiti da spinta estate, felpe, giacche, giubbotti, cardigan, camicie sportive o eleganti. Pantaloni, leggings, short, gonne corte o lunghissime, jeans, abiti da cerimonia, completi neri con cravatte di seta. Cappelli Panama o Borsalino, o berretti di paglia, di lana, di stoffa. E poi una miriade di borse, borselli, sacchetti di carta o shopper – pubblicitarie o artistiche –  e soprattutto zaini, di tutte le forme, le grandezze e i colori. E tutte questi contenitori, man mano che passano le ore, si riempiono di libri e di materiale prezioso da portare a casa, come cartoline da questo mondo parallelo. I volti diventano quelli di chi si sforza di andare avanti ancora un po’ anche se il corpo dice “Basta, ti prego!”, e ci si siede ovunque ci sia uno spazio trasformabile in seduta.

Perché è un altro mondo? È un mondo che credevi perduto: il mondo della cultura. Quando sei nel mondo in cui vivi ogni giorno credi che la cultura sia perduta definitivamente o agonizzante, seppellita da ignoranza, da malaffare, da volgarità, da bieco interesse economico.

Invece la cultura esiste ed è viva, vegeta, e – quel che più importa –  gravida. Qui, in questo mondo parallelo che credevi perduto, si respira un’aria diversa, non inquinata da litigi, da violenza, da ignoranza e da maleducazione. Credevi che i lettori fossero in via di estinzione perché troppo vecchi e sterili, credevi di essere solo in mezzo a gente che pensa solo a mangiare, a bere e a fare soldi, e invece scopri che frotte di lettori bambini e lettori giovani sono lì, pronti a prendere il tuo posto di lettore maggiore.

Capisci quanto è importante oggi che scrittori, editori e giornalisti facciano la loro parte per non fare seccare tutta questa moltitudine di germogli. Pensi che se i germogli – spuntati e sopravvissuti nonostante questa società malata – verranno lasciati seccare, la colpa sarà anche loro: dei media e dei politici,  che – se vogliono- possono moltissimo.

Sei felice in questo luogo, circondato da una marea di gente come te, che lì, in quel luogo, vuole solo una cosa: leggere, ascoltare, imparare. Tutti camminano guardando avanti per cercare lo stand dove si trova il loro “libro perfetto”. Hanno negli occhi quello sguardo sorridente che solo chi legge conosce. Nessuna faccia seccata o annoiata.

I lettori più accaniti si riconoscono perché mentre tengono in mano un libro si affrettano a guardare anche quello che tiene in mano il vicino, per paura di perdere qualcosa di interessante, e contemporaneamente – e questa è la malattia del lettore accanito – scorre con gli occhi tutti i libri intorno, per guardarne il maggior numero, per non perdere nulla.

In questo mondo parallelo, alternativo, nessuno corre, nessuno litiga, nessuno protesta o si secca per le interminabili code che lo separano dall’entrata e poi da un evento, dall’incontro con lo scrittore amato, con il giornalista o con l’esperto stimato. E mi chiedo quanto sia importante per queste persone di tutte le età seguire una conferenza, partecipare a un incontro o farsi firmare un libro se questo significa fare un’ora di coda.

Si sentono tanti “grazie”, “mi scusi”, “prego” che nel mondo ormai non si sentono quasi più, e si vedono tanti sorrisi che – appena fuori dalle recinzioni del Salone –  sono quasi un ricordo, sostituiti da facce dure e arrabbiate.

Ma la cosa più sorprendente di questo mondo parallelo è che quasi nessuno dei visitatori ha il cellulare in mano. A meno che non serva per fare foto.  Non lo credevo possibile.

Quando sei dentro non vorresti più uscire. 

Mi piacerebbe che esistessero molte altre oasi di civiltà come questa, dove ritrovare la gentilezza, la cultura e l’educazione.

Credo che sarebbero molto frequentate, come rilassanti beauty farm per la bellezza interiore.

Pensiamoci tutti. Facciamo queste oasi di civiltà.

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