Stefania mi scrive:
“Salve, mi scuso se ti rubo del tempo ma sono molto contenta del grandissimo lavoro che svolgi e i tuoi consigli sono sempre preziosi, soprattutto ai più giovani ed inesperti.
Ho 31 anni, sono insegnante di musica, quest’anno sul sostegno alle medie.
La preside della mia scuola mi ha duramente ripreso davanti al mio ragazzino perché ero fuori con lui, dicendo che spesso vede i ragazzi del sostegno con i docenti fuori dalle classi. Io ero appena arrivata da un’altra ora e non ho gradito questa improvvisa sfuriata e le ho risposto purtroppo. Le ho detto che non era vero che sta sempre fuori e che io ero appena arrivata e mi ero messa con l’alunno nel corridoio a fare i compiti perché è più tranquillo. La preside non ha voluto sentire ragioni anzi, ha detto che non favorivo l’inclusione con il mio lavoro e che la classe del mio alunno era in fondo tranquilla e che dovevo assolutamente lavorare con lui in classe e se ne è andata arrabbiata.
La preside risulta perfettamente inconsapevole forse che la classe del mio alunno è molto confusionaria e non con tutti i docenti sono tranquilli. Ma sa perfettamente che il mio bambino ha un deficit psico-fisico e dei problemi che peggiorano molto nella confusione, per cui fa fatica a reggere tutte le 5 ore in classe. Ha bisogno di molti momenti di silenzio e di calma per riprendere a lavorare. Che senso ha tenere un bambino come il mio in classe agitato e nervoso?
Posso anche avere sbagliato con lui, forse avrei dovuto a tutti i costi tenerlo in classe, ma sicuramente la preside non ha dato un grande insegnamento urlando in questo modo davanti al mio ragazzino, che tra l’altro mi ha strappato un sorriso arrabbiandosi anche lui dopo avermi visto un po’ scossa dopo la sfuriata. Allora io mi chiedo: che fine educativo ha avuto questa preside per lui? E che senso ha questa inclusione a ogni costo per ragazzini con problematiche così complesse e delicate?
Non so nemmeno se parlare con lei dell’accaduto tanto più che i miei colleghi mi hanno detto che in quel momento la preside era arrabbiata per conto suo e ci sono finita in mezzo io. Mi hanno detto che non avrei dovuto rispondere e mi hanno consigliato di non rispondere più e di lasciare perdere.
Sarò giovane e inesperta ma queste situazioni Isabella io non le tollero proprio. Credi che sia un mio limite? Mi consigli di parlare con lei? Io temo che possa arrabbiarsi ancora di più.
Grazie ancora. Un abbraccio. Stefania”
Cara Stefania, la preside è stata scorretta e certamente non professionale. Ti ha mancato di rispetto e non ha considerato minimamente quello che poteva pensare e provare il bambino che ha assistito alla scena. Né ha pensato che in questo modo ti delegittimava platealmente. Senza contare il fatto che fra i suoi doveri non c’è quello di intervenire su aspetti che sono scelte didattiche. Anzi, non deve intervenire sulla didattica.
Hai fatto bene a rispondere, Stefania, e fanno male i tuoi colleghi che ti consigliano di non reagire. Perché? Per paura? Perché lei è la dirigente ha il diritto di umiliarti approfittando della sua posizione? Non bisogna subire le ingiustizie senza reagire. Né quando provengono dai colleghi, né dai genitori, né dal dirigente (che -tra l’altro- ha l’obbligo di salvaguardare la tua salute psico-fisica), né dal personale Ata. Da nessuno. E questo anche perché, se non sappiamo farlo noi per primi, non potremo insegnare a farlo ai nostri alunni. Dobbiamo insegnare che si devono subire le umiliazioni? Il fatto che ti abbia effettivamente umiliato lo dimostra la reazione del tuo alunno, che si è arrabbiato con lei perché ti ha visto scossa. Ho sempre insegnato ai miei alunni che se avessi fatto un’ingiustizia o mi fossi comportata scorrettamente avrebbero dovuto dirmelo. Unico obbligo: con educazione. Credo che sia importante insegnare questo: non si deve subire, soprattutto se chi ci offende o ci umilia è un nostro superiore. “Superiore” non significa certo “che vale di più e ha il potere di umiliarci perché non possiamo reagire”. Naturalmente insegnare questo comporta anche che diventa più difficile gestire le classi con la paura (E infatti ho avuto colleghi che si sono lamentati del fatto che insegnavo agli alunni a dire “per benino, ma chiaramente” quello che non capivano del nostro comportamento). Ma non bisogna gestire le classi con la paura. Bisogna condividere con loro una certa visione del mondo alla base della quale c’è il rispetto, ed essere coerenti con questa visione. Ritengo essenziale che la classe insegnante impari a non subire passivamente i capricci e le angherie di un certo tipo di dirigente. Proprio perché è importante educare gli alunni a pretendere il rispetto, oltre che a darlo a noi e agli altri.
I tuoi colleghi ti hanno già detto che era nervosa. E già questo si commenta da solo. La dirigente non deve essere “nervosa” e prendersela con i docenti. La dirigente, se è nervosa deve andare a sfogarsi a casa, non al lavoro! La dirigente deve saper gestire la rabbia. Deve essere la persona che più di ogni altra sa armonizzare i rapporti perché la scuola funzioni e tutti lavorino al meglio. (Naturalmente questo vale anche per i docenti che sfogano rabbie o frustrazioni personali sugli alunni).
Un* dirigente non deve essere un “manager” nel senso economico del termine. Deve saper essere una guida, un aiuto per i docenti, per i genitori e per gli alunni. Deve proporre, entusiasmarsi, collaborare, trovare soluzioni. Deve controllare che i docenti facciano il loro lavoro, che rispettino gli orari, che tengano un comportamento corretto con tutti. Non deve entrare nel merito delle scelte didattiche, perché esiste la “libertà di insegnamento”, che è sancita dalla Costituzione. Un* dirigente non deve credersi padron* della scuola e gestirla come se fosse casa sua. La scuola non è la casa del dirigente e gli insegnanti non sono i suoi servitori. Un* dirigente non deve “fare favori”, “prendere le parti”, e soprattutto non deve gestire la scuola con la paura di ritorsioni, con le urla, con le minacce. Un* dirigente non deve intervenire sul piano didattico (e questo non è sempre chiaro ai docenti!). E lo Stato dovrebbe rimuovere dall’incarico chi non è un vero dirigente, perché il dirigente è una figura importantissima in una scuola. Ma non lo fa. Praticamente mai, per la mia esperienza diretta e indiretta. Al massimo sposta il dirigente in un’altra scuola, e tutto ricomincia da capo.
Ho conosciuto qualche vero dirigente. E ho sentito parlare di dirigenti che sono veri dirigenti.
In conclusione: ci sono dirigenti che non dovrebbero essere dirigenti. Fare una scenata a un docente di fronte agli alunni è un comportamento inqualificabile. Se un insegnante fa un errore (e non penso che il portare fuori in certe ore un bambino che ha necessità di lavorare nel silenzio sia un errore), il dirigente ha il diritto e anche il dovere di dirlo, ma mai mettendolo in difficoltà o addirittura umiliandolo di fronte a un alunno o a una classe. Ma nemmeno di fronte a un altro insegnante, a un genitore, a un collaboratore scolastico, a un passante o a qualunque persona sulla faccia della Terra. E tu, Stefania, non sentirti in colpa. Non hai fatto nulla di sbagliato.
E non andare a parlarle. Con quel tipo di persona non serve.
Non ripetere più l’espressione “Sarò giovane e inesperta ma..”. A nessuno. Ancora meno a una che si comporta così. Sei in cattedra con regolare titolo. Essere bravi insegnanti non è questione di età. Hai studiato come lavorare con un alunno con disabilità. Hai deciso che per il bambino è meglio stare fuori perché in classe si agita troppo. Questo è tutto quello che dovevi fare. Rileggi i miei libri, per sentirti più esperta. È vero che è la mia esperienza e non la tua, ma credo che possa essere considerata una buona anticipazione della vera esperienza.
Parlane con la coordinatrice o il coordinatore, che dovrebbe – tra l’altro – andare a dire alla dirigente che voi insegnanti siete d’accordo che a volte il bambino esca perché viene molto disturbato dal rumore.
La preside “Ha detto che segnalerà la cosa al consiglio di classe.”? Al primo consiglio di classe spiega tu per prima i motivi per cui ritieni che sia più proficuo per il bambino a volte lavorare con te nel silenzio, e fai mettere tutto a verbale. Se nonostante le tue spiegazioni i tuoi colleghi non ti appoggiano e viene deciso che devi stare sempre in classe stai sempre in classe e fai quello che è meglio per il bambino. Per esempio chiedi all’insegnante di fare tacere i bambini quando fanno rumore. Personalmente parlerei del problema anche con i genitori.
Non te la prendere, Stefania. Purtroppo anche ci sono persone così nella scuola. E a volte il concetto di “inclusione” viene scambiato con il semplice “deve stare sempre in classe, indipendentemente dalle sue problematiche specifiche”.
Fammi sapere.