Clarence city, la Community ideata da Roberto Grassilli nel 1999.
Navigo nello spazio cibernetico dal 1998. Ho alle spalle vent’anni di esplorazioni, quindi. Diciamo che, per quanto riguarda la navigazione, potrei essere Capitano di Vascello.
Ho vissuto gli anni più belli della Rete, forse.
Internet – per chi ama leggere, imparare, studiare, divertirsi, conoscere il mondo e la gente – è un’opportunità meravigliosa. Invece di sfogliare libri, invece di andare in biblioteca, tutto era a portata di mano a casa tua. Il mondo, prima lontano, sembrava sempre più vicino. Ed era tutto molto più brulicante di vita rispetto a quello che si trovava sui libri. Vita vera, persone con le quali potevi perfino interagire, anche se vivevano in luoghi lontanissimi. Tu scrivevi una frase qui e un altro, uno sconosciuto, leggeva e ti rispondeva. L’entusiasmo di quei primi anni è indimenticabile. Ti connettevi per entrare nel ciberspazio con l’atteggiamento di Aladino che entrava nella caverna dei quaranta ladroni pronunciando “Apriti, sesamo!”. Il suono del modem era quell’”Apriti, sesamo!”.
In quei primi anni, ho partecipato a forum dove si discuteva e si scambiavano esperienze e informazioni su quello che ci interessava: fotografia, cinema, musica, didattica, ecc. Due in particolare, per anni: uno di madri e padri che si davano suggerimenti, che condividevano problemi e paure, e facevano amicizie; l’altro, di soli insegnanti, rigorosamente iscritti tramite le scuole di appartenenza, dove si dibatteva su ogni aspetto dell’insegnamento, sia dal punto di vista didattico che da quello educativo e disciplinare, a volte fino a scatenare discussioni accesissime, ma che non scadevano mai nelle offese e negli insulti. Ho stretto amicizie virtuali, nel tempo diventate reali, che durano tuttora
Ho fatto ricerche un tempo impensabili riuscendo a contattare gente dall’altra parte del mondo. Improvvisamente si poteva cercare quello che serviva digitando sulla stringa e – come per miracolo – saltava fuori la risposta.
Ricordo con grande piacere e con nostalgia l’esperienza di Clarence City , una città virtuale, con tanto di sindaco, cittadini, negozi, museo, ufficio postale, piazze, ecc.
Clarence era un luogo di ritrovo, la prima Community dell’internet italiano, dove ci si incontrava e si chattava in tempo reale (anche la chat fu la prima in Italia). Non conoscevi chi c’era al di là dello schermo, perché non c’erano foto né nomi veri, ma era bellissimo ritrovare nickname conosciuti. A volte si finiva col litigare, ma erano litigi senza odio, quasi goliardici.
Il periodo della messaggistica istantanea, che consisteva in un sistema di comunicazione in rete che permetteva di scambiare messaggi brevissimi e velocissimi in stanze virtuali che si creavano in base a interessi comuni, è stato divertentissimo. Il primo a cui partecipai fu C6. La navigazione era di una lentezza esasperante, e cadeva continuamente la linea, ma lo scambio dei messaggi era velocissimo perché si scaricavano di botto decine di interventi e così, quando ti inserivi nel discorso con un tuo intervento, la frase iniziale si era allontanata e non si capiva più a chi stavi rispondendo, un po’ come accade oggi quando commenti il video di qualcuno in onda su Facebook in tempo reale. Ne uscivano cose esilaranti. A volte si rideva, a volte ci si arrabbiava perché, data l’inesperienza che avevamo nelle chiacchierate e nello scambio di opinioni virtuali, ci si alterava un po’, o si passava a doppisensi o a esplicite avance, ma poiché nessuno sapeva chi eri davvero perché i cibernauti stavano molto attenti a non dare notizie e particolari privati, rimaneva tutto molto a livello di gioco.
Dopo C6 arrivò ICQ : era un altro modo per incontrare persone, questa volta a livello mondiale. Se ci pensate bene, era una cosa meravigliosa e del tutto nuova: conoscere una persona in ogni parte del mondo e poter scambiare frasi in un’altra lingua, chiedere un’informazione, rintracciare qualcuno. Straordinario. Non si era mai potuto fare. Chi è arrivato su internet quando c’era già Facebook forse non può capire appieno a che punto fosse una novità assoluta, bellissima. Quando ho cominciato, pochissimi fra quelli che conoscevo sapevano usare il computer. Non lo avevano, e se lo avevano non lo usavano perché collegarsi era molto caro. Quasi nessuno dei miei alunni possedeva un computer. La sezione di Informatica dove insegnavo utilizzava i computer della scuola soprattutto per creare ipertesti.
Piano piano, l’uso del computer e di internet si diffuse; sempre più persone iniziarono a interagire fra di loro, a guardare video, ad ascoltare musica, a leggere notizie, a imparare cose nuove. Ma velocemente questo mezzo – diffondendosi a tutti i livelli sociali e culturali, e a tutte le età, soprattutto quando arrivarono i social come Facebook, cominciò a diventare sempre più il luogo dove potevano emergere anche i più bassi istinti. Ognuno poteva intervenire ovunque e divertirsi a distruggere ogni tentativo di scambio di opinione. Ognuno poteva postare qualsiasi cosa – falsa, oscena, violenta, pericolosa – finché è arrivato un momento (il momento attuale) dove la confusione regna sovrana, dove chi vuole discutere, o chiacchierare pacificamente si trova a dover combattere per farlo. L’aria del ciberspazio, prima così bella e carica di ottimismo, adesso è diventata opprimente, irrespirabile.
Adesso internet è diventato invivibile.
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