“Prima supplenza: non ho mai visto una baraonda del genere in vita mia”.

Idee e riflessioni Lettere e risposte
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Marilena mi scrive:

Cara Professoressa Milani,

sono una studentessa di Scienze della Formazione Primaria e sto facendo le mie prime esperienze come supplente alla scuola primaria. Sono supplenze molto brevi, mai superiori ai tre o quattro giorni e fino a ieri sempre su sostegno. 

Ieri ho avuto la mia prima esperienza con una classe (prima elementare) ed è stato un completo fallimento, ho sicuramente sbagliato approccio. La classe era completamente ingestibile, i bambini sembravano indemoniati e non sono riuscita a riprendere il controllo in quattro ore di lezione. Non ho mai visto una baraonda simile: per tutto il tempo i bambini correvano da tutte le parti, gridavano, lanciavano oggetti, si spintonavano e parlavano tutti contemporaneamente, ognuno facendomi domande contemporaneamente e richiedendo la mia attenzione. Io avevo portato delle schede da colorare e almeno per mezz’ora ho ottenuto un minimo di quiete, poi pian piano hanno ricominciato ad agitarsi correndo qua e là e facendo un gran baccano. Ho usato tutti i mezzi di cui ero a conoscenza: ho gridato, li ho sgridati, ho detto che non avrei ripreso a leggere il racconto che avevo portato loro finché  non ci fosse stato silenzio e questo per pochissimo ha funzionato ma poi ognuno diceva all’altro di tacere e facevano un gran rumore un’altra volta. Alla fine non stavano neanche più seduti al proprio posto, io intimavo loro di sedersi, ma non mi ascoltavano. Li ho fisicamente presi e messi a sedere sulla seggiola, ma appena ne sistemavo tre, gli altri che avevo già messo a sedere si alzavano e riprendevano a correre gridando. Ho spiegato loro che se non parliamo uno alla volta si crea una confusione in cui non si capisce nulla, ma non è servito. 

Mi chiedo cosa devo fare in simili circostanze, quando non funzionano le spiegazioni, i rimproveri, gli urli e nemmeno prenderli e metterli sulla loro seggiola uno ad uno, non funziona cantare, non funziona leggere, non funziona nulla! Sono tornata a casa sconvolta e senza voce, chiedendomi cosa dovro’ fare alla prossima supplenza perché’ non ho intenzione di permettere che ci sia una confusione del genere mentre ci sono io in una classe. 

Amo questo lavoro, e’ il mio sogno da quando ero bambina e devo trovare una maniera di ottenere la collaborazione e la fiducia della classe, possibilmente non con punizioni e minacce, vorrei che si rendessero conto che questi comportamenti non sono accettabili. Come devo fare? Non ho mai visto una baraonda del genere in vita mia.

La ringrazio di cuore.

Marilena

Gli insegnanti non possono immaginare quello che può capitare quando entrano per la prima volta in una classe. E tantomeno i genitori. E ancora meno la gente comune, la stessa che giudica, che parla di troppe ferie, di insegnanti fannulloni, di insegnanti impreparati.

Come ho già scritto molte volte, mi piacerebbe proprio tantissimo vedere come farebbero certi genitori a gestire una classe così.

Precisamente vorrei dare la classe da gestire a quelli che abituano i bambini fin da piccoli a volere tutto e subito, a urlare quanto vogliono, a correre nei ristoranti, a spingere i carrelli dei supermercati come se fossero a una gara di carrelli, a dare calci e pugni, a salire con le scarpe (sporche) sui sedili dei treni, sulle panchine dei parchi; a sdraiarsi sul pavimento ovunque si trovino; quelli che permettono loro senza battere ciglio di mandarli a gran voce a quel paese se non ricevono quello che vogliono, e quelli che non capiscono che i bambini possono essere amati anche (o soprattutto) se si impedisce loro di crescere senza regole.

E vorrei tantissimo dare la classe da gestire (ma non solo classi di bambini, ma anche di ragazzi di medie e superiori) a quelli che parlano di quanto è semplice il lavoro dell’insegnante e dicono “se ci fossi io saprei come fare!”, lasciando intendere che metterebbero loro anche le mani addosso, ma sono pronti a piombare a scuola se un insegnante rimprovera il loro bambino.

Essere insegnanti è difficile, difficilissimo. Specialmente perché molti bambini e i ragazzi sono totalmente disabituati a vedersi porre dei limiti. Che cosa significa “porre dei limiti”? Significa che nella vita sociale tutti dobbiamo sapere porre dei limiti al soddisfacimento dei bisogni immediati (correre, urlare, dare dei pugni, strappare di mano quello che hanno gli altri e che ci piace, sfogare la rabbia picchiando, mangiare appena si ha fame, bere appena si ha sete, possedere subito quello che desideriamo, ecc.) perché se così non fosse tutta la società sarebbe una baraonda e anche un sopruso continuo.  I bambini hanno diritto di essere bambini, di correre, di giocare, di provare a urlare per provare quanto forte è la loro voce. È ovvio. Ma non possono farlo ovunque si trovino. E siamo noi genitori e nonni che dobbiamo insegnarlo. Va insegnato che hanno il diritto di divertirsi, di giocare, di correre e di urlare, ma che non possono farlo al supermercato, nei negozi, al ristorante. E questo andrebbe insegnato anche a certi genitori.

Ai genitori andrebbe insegnato che non dovrebbero portare i bambini al ristorante di sera e pretendere che stiano fermi lì al tavolo mentre loro chiacchierano o guardano i cellulari, e che non si lasciano i bambini scorrazzare liberamente fra i tavoli “perché sono bambini”. È vero, loro sono bambini, ma i genitori devono capire che il fatto che  paghino la cena  non significa aver comperato il ristorante, perché nel ristorante ci siamo anche noi adulti, e siamo lì per stare tranquilli in compagnia dei nostri amici, per mangiare e bere tranquilli, per ritagliarci un momento conviviale dopo aver lavorato; noi adulti andiamo al supermercato per fare i nostri acquisti e non credo che sia giusto essere costretti a sopportare la mala educazione dei bambini che urlano, che  corrono con i carrelli mettendo a rischio le nostre gambe, che giocano con i pacchetti di biscotti (che poi noi comperiamo e troviamo rotti).

Ai bambini va insegnato che possono urlare o correre più forte che possono  quando si trovano all’aria aperta, e dove non ci sono altre persone, in mezzo a un campo, o in un luogo creato apposta per bambini. Perché anche se si trovano sulla spiaggia – all’aria aperta quindi- non significa che o spaccare i timpani o correre fra gli ombrelloni, buttando la sabbia addosso alle persone che riposano, o prendono il sole o dormono perché “sono bambini”. Ai bambini va insegnato “attento a non alzare la sabbia”, “attento a non disturbare la signora”, “attento a non bagnare le persone”. Non fa loro del male questa attenzione verso gli altri. Anzi, insegna loro a vivere in società.

E tutto questo va insegnato a casa, dai genitori, e prima di arrivare a scuola. Perché se i genitori non lo fanno, non possono pretendere che un insegnante gestisca una classe intera di bambini scatenati. Gli insegnanti non sono domatori di leoni. Se i bambini poi si fanno male la colpa non è dell’insegnante perché io sfido chiunque a gestire una classe di 25 alunni che non hanno il minimo autocontrollo. Ci vuole molta esperienza e moltissima fatica per riuscirci.

Desidero ricordare che non tutti i bambini sono scatenati, non tutti i bambini sono abituati a fare quello che vogliono. Ci sono anche bambini che invece sono stati educati a casa a tenere conto della presenza degli altri, e essere consapevoli del fatto che non possono fare quello che vogliono quando vogliono. E questi bambini abituati al rispetto, si trovano – anche loro, come la maestra – a subire la mala educazione degli altri bambini.

Cara Marilena, se ti sei trovata come buttata nella fossa dei leoni non è colpa tua, quindi. La tua prima lezione non è stata “un completo fallimento” per colpa tua, perché tu hai tentato tante strade per cercare di gestirli.

Ma devi avere le idee chiare su qual è l’educazione che i genitori (e solo in seconda battuta, gli insegnanti) dovrebbero impartire ai bambini e ai ragazzi. Tutto quello che scrivo ha questo scopo: aiutarvi a riflettere sui problemi che ruotano intorno all’attuale sistema educativo. Esiste un’emergenza educativa: i genitori che ne sono consapevoli, e tutti gli insegnanti possono fare moltissimo (solo se se lo fanno insieme). Dobbiamo farlo. Per il bene dei bambini e dei ragazzi. Perché se non ci si riesce, questi sono i bambini che, diventati grandi, possono anche lanciare le sedie alla professoressa.

Metticela tutta, Marilena, non ti arrendere e non ti sentire in colpa. Leggi i miei libri, il mio sito con tutto il primo blog; cerca su internet i siti di tantissimi bravi insegnanti che mettono a disposizione quello che hanno imparato, anche per gestire i bambini più piccoli.

Imparerai, e farai un lavoro meraviglioso.

 

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Comments (2)

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    https://speculummaius.wordpress.com/2018/11/04/care-colleghe-gli-alunni-non-sono-belve-da-domare/

    Cara Maria Grazia Fiore, ho visto che hai citato il mio articolo e ti ringrazio. Vorrei però aiutare anche te a migliorare il tuo stile comunicativo, che lascia piuttosto a desiderare. Ti spiego che cosa non va:
    “Sono inciampata in questo articolo” sottintende che non te ne importava nulla di leggere quello che scrivo, e la parola “inciampata”, in particolare, è una parola negativa, che comunica che lo ritieni un articolo di nessun conto.
    “in cui una collega alle prime armi, chiede aiuto sconvolta a quest’altra collega” = ” a quest’altra collega” è un modo di definirmi poco rispettoso, Maria Grazia. Come se dicessi “a una Tizia”.

    “collega in pensione” = definirmi come “collega in pensione” guarda che è pazzesco! Come se tu dicessi “una alle prime armi chiede a un’altra, vecchia e ormai fuori dalla scuola”: Maria Grazia, guarda che sono andata in pensione per dedicarmi a studiare, a scrivere e ad andare in giro nelle scuole e nei festival. E l’ho fatto perché il mio primo blog ha un milione e settecentomila visite e ho ricevuto centinaia di lettere che mi chiedevano consiglio, e il mio nuovo sito ha in un anno quasi 500.000 visite; perché vengo intervistata da settimanali, perché ho scritto due libri uno su come si insegna e uno su come si educa.

    “che scopro essere una scrittrice sotto pseudonimo (Isabella Milani), che scrive libri sull’arte di insegnare” = l’uso di “scopro” tradisce (oltre al fatto che non sei aggiornata, evidentemente, perché inciampano tutti su quello che scrivo) che di nuovo vuoi sminuirmi e far vedere che non sai neanche chi sono.
    “conclude la risposta con un generoso” = e che cosa c’entra la generosità? Volevi essere ironica?

    Poi dici:
    “In realtà, a Marilena, nella sua risposta non ha dato alcun consiglio o spiegazione utile che la aiutasse a “gestire la baraonda”” = la risposta l’ho data, Maria Grazia, e sono le 600 pagine dei due libri che ho scritto per aiutare chi si trova in difficoltà (certo non per guadagnare, visto che saprai che l’autore riceve una percentuale di 50 centesimi a copia) e le centinaia di risposte alle lettere che mi hanno scritto in questi anni insegnanti e genitori, e il consiglio “cerca su internet i siti di tantissimi bravi insegnanti che mettono a disposizione quello che hanno imparato, anche per gestire i bambini più piccoli”.
    Ma poi, Maria Grazia, non pensi che io che ho parecchia più esperienza di te possa aver deciso che non erano consigli pratici (che può trovare ovunque) quelli che le servivano ma un incoraggiamento e la spiegazione del perché si è trovata così?

    Hai scritto “scaricando la responsabilità sull’ineducazione dilagante”= Maria Grazia, ho studiato la situazione sociale, la scuola, l’educazione e l’emergenza educativa per parecchi anni prima di scrivere il libro “Maleducati o educati male?”, e usi l’espressione “scaricando la responsabilità sull”ineducazione dilagante”? Senza contare il fatto che il termine “ineducazione” non è adeguato né se si parla di maleducazione, né se si parla di mala educazione, né di assenza di educazione.

    Non le ha spiegato che il problema è che nessuno ti insegna a gestire il primo traumatico impatto con un gruppo classe la prima volta, tenendo presente che una classe di prima primaria, a ottobre, è composta ancora da bambini che andavano alla scuola dell’infanzia… = questa sarebbe stata la risposta secondo te più idonea? Ma veramente?
    Spero di averti aiutato e di averti fatto riflettere un po’, anche per il futuro. Un saluto da “questa collega in pensione”, Isabella Milani.

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