Insegnanti, ma che cosa aspettate a ribellarvi?

Idee e riflessioni
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Provo a convincervi dei motivi per cui voi, insegnanti, dovete ribellarvi subito.
Faccio una sintesi dell’idea che hanno del vostro lavoro le persone che non vivono dentro la Scuola (a volte perfino parenti e amici e politici!). Non tutti, ma moltissimi. Preciso: dico “voi” solo perché sono in pensione (anticipata, con la pensione misera dell’”opzione donna”!), ma idealmente consideratemi compresa in quel “voi”.

Fra tutti i lavori il vostro è considerato il più riposante, oltretutto pagato esageratamente visto che si ritiene lavoriate poco.
La considerazione sociale che avete è pari a zero:
vi considerano babysitter che hanno il compito di “tenere i bambini” o i ragazzi.
Sono convinti che il lavoro dell’insegnante non valga nulla, perché inizia quando entrate in classe e finisce quando uscite (le famose 18 ore).
Vi chiamano “fannulloni”, perché non siete lì a “tenere” i loro figli anche d’estate, visto che continuano a essere convintissimi che lavorate esclusivamente quelle 18 ore in classe. E non serve a niente spiegare il discorso del grosso del lavoro sommerso che fate a casa, domeniche comprese. Non ci credono neanche un po’. Non importa a nessuno che voi sosteniate che le classi sono troppo affollate e che manca il personale. Finché non capita una disgrazia. Ma non sembra che ci credano neanche così, perché dopo pochi giorni non se ne parla più.

Vi insultano o vi deridono davanti ai loro figli (che sono vostri alunni e si sentono poi autorizzarti a considerarvi delle nullità).

Gli insegnanti sono probabilmente, fra le categorie di lavoratori, i più insultati.

E voi, che sapete quanto vi impegnate per i vostri alunni, che sapete quanto è difficile lavorare oggi con bambini e ragazzi spesso pieni di problemi (proprio a causa di una educazione sbagliata), abituati a fare tutto ma proprio tutto quello che vogliono, mi spiegate perché continuate a tacere, ad assecondare genitori, politici e anche ignoti frequentatori di Facebook?

Cari insegnanti, siete insultati anche dai sedicenti “esperti anche di scuola” ( psicologi, psichiatri, pedagogisti), che in realtà non hanno mai messo piede in una scuola, se non per fare corsi di aggiornamento pagati fior di quattrini. Vogliono insegnarvi come si fa a gestire la classe, quanto bisogna bocciare, vi accusano degli insuccessi dei bambini e dei ragazzi, e della loro ignoranza (presunta o vera). Credono che quello che si può fare con un solo bambino o adolescente in uno studio silenzioso si possa fare contemporaneamente con 28 bambini e adolescenti zippati in una classe. Danno la colpa a voi del fatto che nelle indagini internazionali il livello di preparazione degli studenti italiani è basso. E addirittura danno un po’ di colpa in più ai docenti dell’Italia meridionale (quella, per intenderci, dove insegnare è più difficile, dove le scuole sono fatiscenti e c’è la parte di bambini e ragazzi più esposta al rischio delinquenza perché più trascurata da decenni e decenni di ignavia politica).

I genitori mettono bocca su tutto perché sono convinti che di voi non c’è da fidarsi e che è bene stare in guardia perché “non dovete permettervi” di turbare i loro figli: non rimproverarli se non hanno studiato, perché “gliel’hanno sentita loro a casa e la sapeva”. Se dite al loro figlio davanti ai compagni  che deve studiare di più o che deve comportarsi meglio piombano a scuola a protestare perché avete “leso la loro autostima”. Dicono che non dovete assegnare temi come “Racconta come trascorri le tue giornate” o “Parla della tua famiglia”, o dire davanti ai compagni il voto che hanno preso il loro figli, perché “violate la loro privacy” (a proposito, il Garante della Privacy ha detto che si può). 

Sparlano di voi sui gruppi social, vi controllano perché sono altamente prevenuti, e ogni parola, ogni gesto, ogni osservazione che fate viene vagliata in una specie di tribunale whatsapp, per decidere se devono o no farvela passare liscia.  E se decidono che non dovete passarla liscia vengono da voi a chiedere conto delle vostre parole o azioni, o vanno direttamente dal dirigente per “farvela pagare”. E perfino ogni attività didattica viene giudicata o criticata, e qualcuno si spinge anche a offrirvi consigli su come insegnare, su quanti esercizi e compiti assegnare, su come interrogare, o su come distribuire gli alunni nei banchi.

E potrei continuare a lungo. Ma dico solo “Basta!”.

Insegnanti, colleghi, ma che cosa vi succede? Che cosa devono ancora farvi perché reagiate, perché troviate un minimo di dignità e decidiate di ribellarvi? Vi hanno sputato, sfregiato, legati alla sedia, dato calci, pugni, rotto le costole, lanciato oggetti, lattine, penne, astucci; vi hanno ridicolizzato e sbattuto su internet. E molti di voi hanno detto “No, in fondo forse è colpa mia!”.  “Li perdono”, ecc. A volte i superiori sospendono voi, per aver permesso che vi umiliassero o vi aggredissero.
E non so se vi rendete conto di quanto è facile finire nelle grane giudiziarie per cose di cui non siete responsabili. Ma che cosa vi succede? Che cosa avete? Paura? Di che cosa? Vi sentite in colpa? Hanno convinto anche voi di non valere niente, di lavorare poco? Ma non ve lo ricordate quanto avete studiato?
Lo so, insegnare è un lavoro meraviglioso, ma non ricordate quante responsabilità avete e quanto è faticoso? E quanto è stressante, usurante? Perché accettate questa valanga di ingiustizie e di  insulti? Chiedetevelo.

Non aspettate oltre e ribellatevi. Rendetevi conto del fatto che lo Stato continua a tagliare le risorse per le scuole, i genitori educano (male) i figli usando e mostrando essi stessi comportamenti irrispettosi, violenti, incivili, e poi danno la colpa a voi di problemi che hanno causato loro. La società in cui viviamo è una società piena di odio, di razzismo, di azioni senza scrupoli. I bambini e i ragazzi fanno cose pericolose e autodistruttive, mostrando ogni giorno di più segni di forte disagio sociale ed esistenziale. Sono vittime di questa mentalità, in cui le persone da ammirare sono influencer e spin doctor. Ma tutto questo sembra interessare solo ai docenti e ai genitori illuminati. Gli altri danno la colpa agli insegnanti.


“La ribellione è una forma di salvaguardia della dignità. Ribellarsi a quello che non va, alle idee calpestate, alla dignità lesa è un dovere. Per noi e per i nostri alunni.” (mi cito, perché l’ho già detto molte volte)


Quindi ripeto: ribellatevi!
Ecco come (cose che ho già detto):
È arrivata l’ora di ribellarsi. Per esempio così:

  1. Da oggi lasciate che tutto quello che non va emerga alla luce del sole.
  2. Non tappate le falle create dai governi (quelli precedenti e quello attuale).
  3. Non mentite ai genitori dicendo che tutto va bene: informateli bene di tutto quello che lo Stato non dà ai loro figli.
  4. Seguite alla lettera tutte le norme, piccole e grandi, esattamente come sono state pensate.
  5. Non pensate che se seguite le norme (anche quelle assurde) perdete tempo, o mettete a disagio i bambini e ragazzi: lo state facendo proprio per loro. Il tempo che occorrerà perché le cose cambino dipenderà da genitori e politici. Se i genitori si uniranno a voi, si farà molto prima.
  6. Spiegate ai genitori che se i bambini devono fare l’intervallo in classe è perché non potete gestire tutti nei corridoi; che se non potete mandare i bambini in bagno subito è una cosa che non vorreste mai fare, ma dovete salvaguardare la loro incolumità, finché lo Stato non smetterà di fare tagli e assumerà più personale, docente non docente. Chiedete ai genitori di mettere sempre un cambio negli zaini, per eventuali emergenze.
  7. Non organizzate più nessuna gita, né uscita né nessun’altra attività che comporti anche la minima possibilità di perdere d’occhio bambini e ragazzi anche solo per qualche secondo, perché in pochi secondi può accadere una tragedia di cui verrete incolpati voi. È successo e un bambino non c’è più. Spiegate bene ai genitori perché lo fate.
  8. Non lasciate i bambini e i ragazzi (anche dell’ultimo anno delle superiori) mai e poi mai da soli. Non rischiate, perché se uscite un minuto dalla classe per prendere qualcosa, o per chiedere qualcosa a un collega della classe vicina, sappiate che se accade qualcosa in quel solo minuto è “omessa sorveglianza” e “colpa grave”.

Cari insegnanti, problemi non vanno nascosti sotto il tappeto, perché si diventa conniventi. I problemi vanno evidenziati, perché altrimenti nessuno sa e nessuno vede. Quello che funziona andrà avanti e quello che non funziona andrà a rotoli, e finalmente lo vedranno tutti. Rispettare tutte le norme è un vostro dovere. Se le norme sono sbagliate, correggerle rischiando salute e denunce è sbagliatissimo. Credete: a nessuno interessa niente dei vostri sacrifici. Nessuno vi ringrazierà. Anzi, saranno lì, tutti pronti a colpirvi per ogni passo falso.

Non lo fate più. Da oggi.

 

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