Insegnanti, ribellatevi! (contiene motivazioni e istruzioni)

Idee e riflessioni
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Insegnanti, è arrivato il momento di ribellarci!  Io mi ribello scrivendo. Voi potete farlo a scuola. 

Premessa: il “principio della rana bollita” – in estrema sintesi –  è un famoso esempio che Noam Chomsky ha usato per spiegare in che modo le persone accettano le imposizioni negative senza ribellarsi.

Eccolo: una rana, messa in una grossa pentola piena di acqua fredda nuota tranquillamente. Se accendo il fuoco sotto la pentola l’acqua si riscalda lentamente e diventa tiepida, ma la rana la trova ancora piacevole e continua a nuotare. Man mano che la temperatura dell’acqua aumenta, la rana si trova sempre più a disagio, finché sente di non poter resistere e vorrebbe saltare via, ma a quel punto è così indebolita che non ce la fa più ed è costretta a rimanere lì, finché non muore, bollita.

La morale è che la rana muore perché il cambiamento avviene così lentamente che quando la rana si accorge del pericolo è troppo tardi.

Attraverso questo esempio Chomsky spiega come avviene che dei cambiamenti imposti, pur apparendo deleteri per il nostro vivere di persone e di cittadini, vengano accettati senza fare nulla.

Mi sembra che questo “principio della rana bollita” sia il sistema che viene regolarmente usato da chi governa (di tutti i colori politici e non solo di oggi) per far accettare senza ribellarsi ingiustizie sociali, condizioni lavorative assurde, tagli alla sanità, alla scuola, alla sicurezza, aumento delle tasse, privilegi dei parlamentari, ecc.

Voglio provare a spiegare come mai gli insegnanti subiscono ogni sorta di sopruso senza reagire.

Prima di tutto, faccio un’osservazione sui genitori, su come trattano gli insegnanti e sul perché lo fanno. Questo serve per capire come ci si può ribellare. E per tutti gli approfondimenti rimando al mio ultimo libro.

Ci sono genitori che trattano gli insegnanti come persone da calpestare perché il sistema economico e i politici hanno interesse a non fare andare d’accordo genitori e insegnanti, semplicemente perché sanno che l’unione fa la forza e c’è la possibilità che possano – insieme- mangiare la foglia e ribellarsi; gli insegnanti sono pericolosi perché con le loro spiegazioni possono insegnare ai ragazzi due cose terribili per chi vuole manipolarli: a pensare con la loro testa e a non diventare compratori compulsivi.

Allora che cosa fanno?

  • Attraverso i media e attraverso dichiarazioni (anche di Ministri) denigrano la categoria degli insegnanti, fanno in modo di far pensare alla gente che nelle scuole c’è tutto  quello che serve e che se gli insegnanti si lamentano è solo perché sono fannulloni o incapaci o tutte e due le cose.
  • I politici fanno dichiarazioni su fantomatici aumenti elargiti ai docenti, e quando arriva la bella stagione parlano dell’opportunità di fare andare a scuola i bambini e i ragazzi anche d’estate, facendo in modo che la gente pensi che se gli insegnanti si lamentano è perché sono fannulloni e non vogliono andare incontro ai genitori che lavorano. I media ci marciano alla grande e amplificano le notizie con titoli e articoli che aizzano i genitori contro gli insegnanti.
  • Si fa in modo che i genitori vengano tenuti all’oscuro di tutte le magagne imponendo in qualche modo ai dirigenti scolastici di “coprire” le carenze dello stato, e di limitarsi a eseguire gli ordini. E devo confessare che per quanto io abbia cercato di capire perché lo fanno, non ci sono mai riuscita: forse fanno delle riunioni tipo quelle in cui uno si alza e dice “Ciao… sono la preside Stefania”, e tutti in coro “Ciao, Stefania!”. “Negli ultimi due mesi non ho fatto sostituire due computer rotti e ho risparmiato mille euro”. Applausi a Stefania. Ma non credo che sia così perché anche i dirigenti in gamba evitano di informare correttamente i genitori sui tagli che fa lo Stato. Allora forse li minacciano? Li premiano? Non lo so. So che se le cose vanno male è anche perché i dirigenti non si ribellano.

Ma veniamo a qualche riflessione per spiegare perché i docenti devono ribellarsi, subito e tutti insieme.

  • In questi ultimi anni siamo stati calpestati da tutti i governi, nessuno escluso.
  • Le condizioni nelle quali si lavora vanno dal difficile all’assurdo, a seconda del tipo di scuola, della città e dei quartieri nei quali si presta servizio. 
  • Le classi sono numerose, ma non c’è verso di fare diminuire il numero di alunni per classe.
  • Genitori picchiano e mandano un insegnante al pronto soccorso e non accade nulla.
  • Ragazzi insultano, picchiano, accoltellano gli insegnanti e non succede nulla.
  • Lavoriamo a tutte le ore anche a casa, nei giorni feriali e anche in quelli festivi.
  • Veniamo presi continuamente per i fondelli non solo dalla gente, ma anche dai politici che dovrebbero tutelarci, che dicono che sappiamo solo lamentarci.
  • Chi vive nella scuola deve continuamente provare la rabbia di ascoltare al telegiornale panzane assurde riguardanti come sta andando alla grande la riforma del momento (perché ogni governo butta all’aria quella di prima, e così via).
  • Tutti i governi promettono nel momento delle elezioni una grande attenzione alla Scuola e agli insegnanti “che sono il perno della società”, e puntualmente non viene fatto nulla o c’è addirittura un peggioramento delle nostre condizioni di lavoro. E tutti i governi dicono – sempre e solo sotto elezioni – che “gli insegnanti meriterebbero di essere pagati il doppio”. Ma appena passata la festa elettorale si rimangiano tutto e parlano di aumento delle ore lavoro, di scuola d’estate, e di “troppe ferie per gli insegnanti”.
  • Ogni cambiamento comporta per i docenti una grande quantità di burocrazia e di lavoro extra, spesso perfettamente inutile.
  • La prova di ciò consiste proprio nel fatto che chi ha partorito l’idea, dimostrando all’inizio molta sicurezza, si accorge che ha fatto i conti senza l’oste, o che l’idea è irrealizzabile, e il ministro di turno – con grande disinvoltura e senza alcun imbarazzo –  manda una circolare con l’ordine di lasciar perdere. E tutto di lavoro inutile fatto? “Chisseneimporta, tanto sono insegnanti, si lamentano un po’ ma poi stanno zitti”.
  • Solo recentemente abbiamo avuto: a scuola devono essere accompagnati! No, come non detto. Magari quelli più piccoli. No, tutti quelli minori di 14 anni. No, possono essere anche mandati da soli. Ma forse neanche tutti. Chi vuole che gli insegnanti aspettino il genitore può chiederlo. Ma forse no. Vaccini sì. Certificati assolutamente obbligatori. Sì, ni, no, sì. Gli insegnanti devono raccoglierli, controllare che ci siano tutti. Ma non ci sono mai tutti. Allora si deve telefonare a casa di quelli che non li portano. O magari no. Sì, invece! Ma no, basta una dichiarazione, e così delirando.
  • Ogni anno, ma addirittura ogni mese che passa, ci sono delle novità che creano agli insegnanti burocrazia che non ha nulla a che vedere né con lo studio né con l’educazione. Tempo perso in continuo aumento, e tempo per riflettere con i ragazzi, per parlare con loro, per insegnare le materie di studio in continua diminuzione.
  • Non abbiamo tempo per insegnare, ma ci viene richiesto sempre di più, e se i ragazzi non sono preparati la colpa è nostra, che dobbiamo essere valutati (specialmente se siamo meridionali, perché – e lo hanno già detto in più occasioni – “al Sud i ragazzi sono poco preparati non si capisce perché, e anche gli insegnanti sono un po’ più fannulloni – diciamo la verità- e non è vero che ci sono classi difficili e che mancano le risorse”) e dobbiamo fare altri corsi di aggiornamento perché “se la scuola va male la colpa è degli insegnanti che non bocciano e no sanno insegnare”.
  • Abbiamo ragazzi con enormi problemi che finiamo per trascurare perché dobbiamo scrivere relazioni, telefonare alle famiglie, far firmare, controllare le firme, ricontrollare le firme, chiamare di nuovo la famiglia, fare consigli di classe straordinari, scrivere verbali, compilare il registro elettronico, scrivere giudizi, preparare e correggere le prove periodiche, preparare e correggere le prove comuni, iniziali, intermedie, finali, valutarle confrontarle (e sono sicura che se emergerà qualcosa di negativo daranno la colpa  agli insegnanti); 
  • Qualcuno al Ministero si sveglia (ad anno iniziato!) e cambia l’esame: dobbiamo capire come si dovrà fare l’esame, aggiungere la prova di scrittura sintetica e non importa se il riassunto è una delle cose più difficili da insegnare. Basta che la prova venga fatta, come hanno deciso gli esperti (che magari non hanno mai insegnato).
  • Il voto di condotta è importantissimo. Con 5 si viene bocciati. Anzi, no. Non conta più. Bisogna avere tutti 6. Con un solo 5 si viene bocciati perché la Scuola deve essere serissima. Ma, insomma, in certi casi, forse…No! Bocciati con un solo 5. No, pensandoci: è sbagliato. Il voto di condotta non fa media. Niente voti, torniamo ai giudizi che avevamo tolto, che abbiamo messo, che abbiamo ritolto che alla fiera dell’est mio padre comprò.
  • Circolari e ricircolari: lo smartphone è assolutamente proibito. Sospendete chi lo accende. Sequestratelo. No, non potete sequestrarlo! Lo smartphone serve tantissimo per la didattica in classe;  i docenti che sono contrari è perché non capiscono e non vogliono capire e sono contro la tecnologia. E non importa se fino a ieri hanno detto ai ragazzi “Proibito usare il cellulare!”; e che cosa importa se i ragazzi lo usano giorno e notte in modo compulsivo? Tanto vale che lo usino anche al mattino. Non importa la figura  che i docenti fanno oggi, dicendo “adesso potete accenderlo perché la mia opinione non vale nulla e mi è stato ordinato di dire che serve”. Per approfondimenti rimando al mio articolo su ILLIBRAIO.
  • Abbiamo cercato per anni di far capire a tutti che cosa significa “burnout”, che vale per molti lavori ma che nessuno sospettava che potesse riguardare anche “quei fannulloni degli insegnanti”. E c’è chi si è dedicato a studiare e a scrivere – con prove e dati scientifici – dello stress al quale sono sottoposti gli insegnanti, che spesso li porta fino ad andare in burnout, ma finora a nessuno è interessato nulla, o meglio, nessun politico se ne è preoccupato perché ammettere che tutti gli insegnanti (e non solo le maestre della scuola d’infanzia) fanno un “lavoro usurante” significherebbe grosse spese per lo Stato. 
  • Siamo sfiniti e vogliamo andare in pensione perché non ce la facciamo più, ma dobbiamo trascinarci in servizio fino a 67 anni perché hanno trovato l’ideona che “la speranza di vita è aumentata”. Solo se ci fosse una moria di persone la speranza di vita si abbasserebbe, ma credo che troverebbero il modo di nascondere il dato. 
  • Non ci sono abbastanza soldi “perché ci sono pochi giovani che lavorano e tanti pensionati”. Alla domanda “come mai ci sono così pochi giovani che hanno un lavoro  in una Repubblica fondata sul lavoro?” rispondono che “c’è la crisi”. E non importa se vediamo benissimo che per chi siede in Parlamento la crisi non esiste. E non importa se i Parlamentari non votano mai per ridurre i loro privilegi. E non importa se le loro pensioni sono precoci/precocissime, se si inventano parole speciali per dare un nome autorevole alle regalìe che fanno a loro stessi. Sono loro che dovrebbero togliersi i privilegi. Ma non sono mica scemi. Chi glielo fa fare? Chissà quante risate si fanno quando sono fra loro, dopo aver detto che “c’è la crisi”.
  • Di rinnovo del contratto non se ne parla da ben 8 anni. 

Ed ecco la  recente trovata geniale: pare che abbiano finalmente deciso di rinnovare il contratto degli insegnanti quantificando l’aumento!

Ed ecco come sarà (forse) il nuovo contratto : ci sarà un aumento di pochi  euro al mese. Non si sa bene quanto, nel momento in cui scrivo, perché – si sa- più ci confondono e meglio è.  

Comunque la novità è che il governo ha pensato anche a risolvere il problema del burnout: ci fanno lavorare di più! In altre parole: se rinnovano il contratto è per cogliere l’occasione per dare una miseria e chiedere un mucchio di lavoro in più.

Hanno detto che se vogliamo l’aumento dobbiamo dare qualcosa in cambio. Non possiamo mica prendere tutti quei soldi perché siamo belli?! Allora: pare che le condizioni siano queste, in sintesi: tutto quello che finora abbiamo fatto, ma potevamo rifiutarci di fare perché era facoltativo, diventa obbligatorio. Se al dirigente viene in mente che puoi servire per una attività ti chiama e lo devi fare. Non interessa sapere che cosa. Si tratta ovviamente di qualcosa che serve alla scuola e di tutto quello che finora magari abbiamo fatto comunque, dicendo “lo facciamo e non ci pagano neanche!”. Ecco: non potremo più dirlo, e non potremo rifiutarci perché a quel punto non lo faremo gratis: verremo pagati con pochi euro e quindi non potremo più neanche lamentarci.

Allora, ma che cosa devono subire ancora gli insegnanti perché arrivino a ribellarsi, una volta per tutte? Deve essere licenziato anche tutto il personale Ata (collaboratori scolastici e personale di segreteria) e devono far fare tutto ai docenti?

Ma vogliamo renderci conto del fatto che una bella parte di quello che ci fanno fare non c’entra nulla con la didattica? Che cosa c’entra con la didattica il raccogliere fogli, firme, permessi? Che cosa c’entrano le telefonate a casa per avvertire che il bambino ha i pidocchi? O che non hanno pagato l’assicurazione? Chi dovrebbe fare queste cose? Non lo so. Certo, non gli insegnanti.

Ma come si permettono i politici e la gente comune di trattarci come imbecilli e fannulloni?

Finché gli insegnanti non impareranno a ribellarsi lo Stato e la gente continueranno a trattarli come zerbini.

Ma è possibile che gli insegnanti non si rendano conto che è della loro vita che si parla? È della loro salute che ci si prende gioco?

La vita è breve, colleghi! E a proposito della premessa che ho fatto: qui non si tratta neanche di ‘rana bollita’. La rana la buttano nell’acqua bollente e non salta neanche così.

Ribellatevi prima di diventare insegnanti bolliti.

Ecco come potete ribellarvi, praticamente.

  • La tecnica di spararla grossa per poi ridurre le pretese in modo che gli insegnanti si sentano come chi ha scampato un pericolo maggiore e quindi si ritiene fortunato è vecchissima. Non ci caschiamo più, per favore! E non crediamo ai sindacati che affermano che è grazie a loro che sono state ottenute condizioni migliori. I sindacati sono stati preziosi in altri tempi. Adesso si mettono d’accordo con chi non fa gli interessi degli insegnanti.
  • Chi è iscritto a un sindacato si tolga immediatamente, sia da quelli che firmeranno che da quelli che stanno anche solo pensando di firmare il contratto se “l’aumento sarà maggiore”. No! Neanche per idea! L’aumento deve essere decisamente maggiore e il lavoro, non solo non deve essere aumentato, ma deve essere diminuito. Non si deve accettare neanche una mezz’ora di lavoro in più. I sindacati che dicono “Sì, ma purché ci sia un aumento” dimostrano di non credere nemmeno loro al burnout degli insegnanti. Io invece dico che se siamo stanchi non possiamo trovare le energie solo perché ci sventolano davanti dieci euro. O siamo usurati o siamo riposati. Se siamo usurati non possiamo lavorare di più. Punto. Io sono sempre uscita sfinita da scuola. Non è che se mi paghi di più smetto di essere sfinita. Già adesso gli insegnanti sono disperati perché non ce la fanno a fare tutto. Possiamo accettare altro lavoro?
  • Niente sciopero: io li ho sempre fatti e adesso posso affermare che non sono serviti quasi mai a nulla e costano un bel po’ in busta paga. I sindacati hanno sbandierato come importanti le piccole concessioni ottenute assicurando che senza gli scioperi chissà quali disastri sarebbero accaduti. Continuiamo a crederci?
  • Bisogna invece attivare la resistenza passiva: smettere di fare le cose inutili.
    Prima devono venire i ragazzi, i loro bisogni, le loro difficoltà e i loro disagi. I documenti da riempire solo per motivi burocratici si contestano, soprattutto se sono inutili o se riguardano cose che in realtà non sono di nostra competenza. “Il ministero ha detto…”, “Il dirigente ha detto che il ministero ha detto…”. Pazienza. Guardiamo che cosa succede. Proteggete i vostri alunni. Proteggete la vostra salute perché la vita è breve.
  • Guardatevi intorno: conoscete qualche insegnante che è morto prima dei 67 anni? Io parecchi. E allora? Ripeto: la vita è breve. Che cosa me ne importa della speranza di vita? Anche se campassimo fino a 90 anni, quanti anni di vita attiva restano dopo i 67, i 68, i 69 anni? Ci vogliamo arrivare sfiniti e senza neanche aver avuto la soddisfazione di aver potuto insegnare bene? Ci vogliamo arrivare senza dignità perché non riusciamo più a stare al passo? E a noi quando tocca un po’ di vita senza stress?
    “Usurante” significa che ti consuma. Non basta a farci capire la necessità di ribellarci?
  • In sostanza: a noi chiedono più di 40 anni di contributi per darci la pensione. Ma per quanto tempo? Fate i conti. E loro, quelli che siedono o sono stati seduti in Parlamento? Fate i conti anche di questo, quando vi viene in mente di pensare che “i soldi non ci sono!”.
  • Fate fare soltanto il minimo indispensabile delle prove in classe da valutare (ognuno tenendo presente la scuola in cui insegna e l’età dei suoi alunni), perché in realtà servono esclusivamente per ragioni burocratiche. Non c’e scritto da nessuna parte che cosa si intende con un “congruo numero di prove”.  Ci sono moltissimi scritti che possono aiutarvi nella valutazione, senza bisogno di scrivere le correzioni. Un po’ come facciamo agli esami: si segna senza correggere. Tanto, la correzione non in presenza non serve a quasi nulla agli alunni. Se avrete più tempo per lavorare in classe, potrete anche correggere quello che i ragazzi scrivono nel momento in cui sbagliano, cioè davanti a loro. Se insegnate una materia scientifica fate vedere il procedimento giusto appena terminato l’esercizio.
  • Non perdete tempo in attività decise da altri (ministri e specialisti che non hanno mai messo piedi in una classe). Per esempio, non preparate i bambini e i ragazzi per le prove Invalsi. Se sono obbligatorie eseguite gli ordini, ma non perdete tempo, e mandate gli alunni alle prove così, come stanno. Insegnate davvero quello che volete voi, fate le lezioni sugli argomenti che sapete che sono importanti per i vostri alunni. Eliminate tutto quello che viene “suggerito” dal ministro di turno. Che al Ministero non sanno neanche che cosa facciamo già ce lo dimostrano loro (perfino i ministri dell’istruzione di turno) quando pronunciano frasi come “Introdurremo nelle scuole l’educazione civica!”, “Gli insegnanti devono fare lezioni per prevenire le dipendenze”, ecc. Ma come si permettono? Dobbiamo continuare a tacere?
  • Eliminate tutti ma proprio tutti i progetti. Se volete insegnare come si fa la raccolta differenziata fatelo lo stesso, ma senza presentare progetti (tanto, per quello che vi pagano, meglio che almeno non si pretendano da voi progetti, griglie e relazioni). Noi lavoriamo già tanto. Continuiamo a fare progetti che riteniamo belli e utili, ma senza che compaiano ufficialmente da nessuna parte. I progetti che compaiono servono solo a far fare bella figura a qualcun altro. Smettiamo di permettere che lo Stato si faccia bello con il nostro volontariato. La scuola non cadrà a pezzi se non presentiamo dei progetti.
  • Non partecipate a nessuna commissione. Per ora è facoltativo. Approfittatene. La scuola non cadrà a pezzi  neppure se non ci sono commissioni. Insegnate in classe e – lo ripeto- dedicate tutto il tempo ai vostri alunni.
  • Lasciate che le magagne e i problemi emergano in tutta la loro gravità. Non tappate i buchi con il solito discorso del “altrimenti come si fa?”. Se continuate a fare così, a risolvere voi i problemi,  continueranno a dare sempre di meno “perché tanto gli insegnanti sono fessi e ci pensano loro, gratis, a lavorare lo stesso e a trovare soluzioni fantasiose”. Basta!
  • Denunciate per iscritto tutti i problemi di sicurezza e quelli che rendono inospitali  le classi (caldo, freddo, sedie rotte, ecc.) delle scuole in cui lavorate. E informate e coinvolgete i genitori. Mandate – insieme a loro – le lettere cartacee al vostro dirigente, al sindaco, al comandante dei vigili del fuoco, al responsabile della sicurezza, ai quotidiani e al ministro della pubblica istruzione. Il vostro dirigente si arrabbierà e vi dirà che ci pensa lui, ma se fino a quel momento lui non ci è riuscito, provate voi, che siete cittadini, prima che insegnanti, e continuate senza la solita paura di chissà che cosa.
  • Raccontate per filo e per segno ai genitori anche tutto quello che manca nelle scuole. Se non c’è la LIM, o non ci sono libri per la biblioteca, o non c’è carta, informate i genitori. Ricordate che in TV sentono dire che nelle scuole c’è tutto quello che serve. I genitori possono capire. E sicuramente non possono immaginare quello che nessuno dice loro. Spiegate che se non fate una certa attività è perché la lavagna LIM non funziona più e non ci sono soldi per ripararla; che se non fate fare le fotocopie con la fotocopiatrice della scuola è perché manca la carta, ecc. E se capiranno, non solo non vi attribuiranno colpe che non avete, ma vi aiuteranno. Se non tutti, molti.
  • Non portate voi a scuola quello che manca, pagandolo di tasca vostra. Non state facendo gli interessi degli alunni. Non chiedete contributi ai genitori. Così facendo, in realtà, state aiutando lo Stato solo a risparmiare denaro per mantenere in piedi i privilegi dei parlamentari.
  • Niente Open School alle elementari e alle medie, perché facciamo vedere ai genitori tutto quello che abbiamo di bello, anche se poi non possiamo usarlo tutti, e nascondiamo tutte le magagne (aule e bagni in pessime condizioni, porte rotte, crepe, ecc.). Perché mai continuiamo a farlo, visto anche il fatto che i genitori poi scelgono la scuola più comoda da raggiungere? Non si fa più. Altro tempo e altre energie risparmiate.
  • Dite di no a tutto quello che non è obbligatorio. Non è vero che i ragazzi vengono danneggiati. Potrete, anzi, avere più tempo e più energie per loro. Non dite più, quindi,  “Ma se non faccio questo, sono i ragazzi quelli che la pagano!”: non è assolutamente vero. I ragazzi vengono danneggiati quando hanno insegnanti sfiniti che devono fare tutto tranne che insegnare.
  • Studiatevi le leggi e imparate quali sono i vostri diritti e i vostri doveri. Finché non lo farete vi meneranno per il naso e vi faranno fare quello che vogliono. Per esempio, scoprirete che la figura del coordinatore non esiste. E se il dirigente vi nomina “coordinatore della classe Tale” con i compiti declinati, può farlo. Ma voi potete non accettare. Almeno fino a quando i sindacati non firmeranno il contratto proposto quest’anno. Quando conoscerete le leggi, seguitele alla lettera, senza paura. Anche se si verificheranno le situazioni assurde che voi avevate previsto. Bisogna che le assurdità emergano chiaramente. Non parate i colpi a chi sta calpestando il vostro lavoro e la vostra dignità. 
  • Protestate tutte le volte che lo ritenete giusto. Non date per scontato che “tanto non ci si può fare nulla”. Non è certo tacendo che otterrete qualcosa.
  • Non protestate mandando mail perché se i destinatari mettono dei filtri vanno a finire automaticamente nel cestino.
  • Non perdete tempo con le petizioni online perché dopo che avete firmato vi sentite tranquilli, e non fate più nulla, credendo di avere risolto chissà che cosa. Non avete fatto nulla, con una petizione online, perché non ha nessun valore.
  • Comperate oggi stesso dei francobolli e scrivete lettere – rigorosamente cartacee, mi raccomando- e speditele a ministri vari, al presidente della Repubblica, a tutti i quotidiani, ai periodici, ai giornalisti di cui vi fidate. Non mettete il mittente, altrimenti cestinano la lettera senza neanche aprirla. 
  • Se non sapete che cosa scrivere, scegliete una frase che vi sembra giusta come protesta (mia o di altri) e copiate quella. La cosa importante è che capiscano che hanno passato tutti i limiti.
  • Se siete d’accordo con me, potete scegliere una o più frasi di quelle che ho scritto qui. Stampatele e affiggetele a scuola. Anche negli spazi dove ricevete i genitori.
  • Se siete d’accordo, condividete questo articolo dappertutto, specialmente nei gruppi di insegnanti.
  • Se ho dimenticato qualcosa o se vi sembra che una mia affermazione non sia esatta, per favore, scrivetemi una mail (professoressamilani.it), perché posso anche correggere o aggiungere.
  • Non importa se verrà firmato o no il contratto proposto. Anche solo aver pensato di proporlo è offensivo da tutti i punti di vista. E (per i sindacati) anche solo aver pensato di firmarlo è offensivo. 

Adesso non potete più dire “Ma, praticamente, che cosa possiamo fare?”. Ho dato tanti suggerimenti pratici. Fate quello che vi convince. Fate quello che potete, ma ribellatevi.

Siamo una forza. È arrivato il momento di rendercene conto. È arrivato il momento della ribellione.

Nota sulla foto di copertina: è una raganella, lo so, ma era più bella e vale lo stesso.

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