“Che cosa devo fare se prende un brutto voto? Non le dico nulla? La consolo e basta? La punisco?”

Lettere e risposte
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Federica mi scrive:
“Salve prof.ssa Milani,

non so se potrà rispondermi come ha già fatto in passato, ma ci provo lo stesso. Leggo il suo blog ed ho comprato il suo libro per noi genitori “Maleducati o educati male” per cui forse dovrei sapere come comportarmi con mio figlio, ma evidentemente no ed ho bisogno dei suoi consigli. Le avevo scritto durante la primavera scorsa dei problemi di rendimento di mia figlia Cecilia, in prima media. Quest’anno Cecilia sta ricominciando ad avere qualche insufficienza (per ora inglese: 5 e musica: 4) e io e mio marito siamo intervenuti sgridandola e mettendola sotto pressione (cosa sbagliata, lo so), nella speranza che si rendesse conto del problema. Il problema è che lei per studiare, legge e basta, non vuole ripetere! Dice di aver studiato ma poi ci rendiamo conto che non ha assimilato i concetti. Studia al doposcuola fino alle 17 e lì non può effettivamente ripetere a voce alta, dovrebbe farlo a casa la sera, ma è stanca e vuole giocare un po’ per rilassarsi (videogiochi, cellulare) prima di cena. Ammetto inoltre che io e mio marito spesso non siamo in accordo su come intervenire e litighiamo anche davanti a lei. Mio marito è molto pretenzioso sullo studio, vuole che le ragazze (ho un’altra figlia di 14 anni) portino a casa bei voti, non soltanto la sufficienza (lui da ragazzino è stato uno studente modello, figlio di insegnante a sua volta molto esigente). Spesso per evitare e prevenire problemi con mio marito, sono diventata anche io stressante con le ragazze, pretendendo che vadano bene, che studino e che non portino il 6 striminzito. Poi arrivano i brutti voti e in famiglia succede il finimondo. Mia figlia mi ha letteralmente detto in lacrime che non le vogliamo bene, che ci importa solo dei voti e non di come si sente lei quando li prende, che si sente una stupida incapace, che non ha la possibilità di sfogarsi eccetera. Ovviamente io mi sento uno straccio!! Mi sento in colpa ed incapace di attuare quello che già ho capito che dovrei fare: di lasciarla in pace sul rendimento scolastico, di non metterla in ansia. Non so come fare! Le chiedo quindi un consiglio: che fare se prende un brutto voto? Non le dico nulla? La consolo e basta? Oppure le tolgo la pallavolo, la danza o il cellulare? Mio marito l’ultima volta l’ha minacciata di non mandarla a danza e lei è entrata in crisi nera perché è la sua passione! Gli ho chiesto di essere meno severo e giudicante, ma lui dice che “deve pur fare il genitore”. Ma cosa significa in questo caso fare il genitore??? 
La prego, mi aiuti… “

Cara Federica, suo marito ha letto il mio libro?

Se non lo ha fatto direi che dovrebbe. E anche lei, provi a rileggerlo (so che lo fanno in tanti). Lei sa benissimo che cosa fare, direi. Il problema (gravissimo) sono i sensi di colpa (poi, per tutta la vita, quasi impossibili da eliminare) che gli mettete. E mi pare che il problema sia suo marito, vittima a sua volta (quindi non gliene faccia una colpa) di una madre severa e intransigente, che gli ha fatto credere che “fare i genitori” sia quel minacciarla di toglierle la danza. E se Cecilia legge la lezione senza ripeterla è perché probabilmente non sa studiare (e non è colpa sua, e non dovete insegnarglielo voi ma la scuola).

Se va al doposcuola significa che sta a scuola dalle 8 alle 17. E se ripetesse la lezione dopo le 17, quante ore farebbe? Avete fatto il conto? Nemmeno ad Amazon. Per esempio, perché la mandate al doposcuola (dove spesso, per motivi vari, fanno pochissimo)? Al doposcuola c’è il silenzio necessario secondo voi?

“Non so come fare! Le chiedo quindi un consiglio: che fare se prende un brutto voto? Non le dico nulla? La consolo e basta? Oppure le tolgo la pallavolo, la danza o il cellulare? Mio marito l’ultima volta l’ha minacciata di non mandarla a danza e lei è entrata in crisi nera perché è la sua passione! Gli ho chiesto di essere meno severo e giudicante, ma lui dice che “deve pur fare il genitore”. Ma cosa significa in questo caso fare il genitore???”

Rispondo: fare il genitore non significa certo toglierle quello che più ama al mondo; né farla sentire non amata e inadeguata; significa capire che ci sono molti motivi per cui può non prendere voti alti, o che può pensare che basti leggere senza ripetere. E capire che potrebbe anche non riuscire assolutamente a prendere voti migliori. E in quel caso? Vi rendete conto che se Cecilia potesse saltare al massimo 80 centimetri e voi la rimproveraste se non salta 1.30 sarebbe una crudeltà?  E che se la rimproveraste sarebbe una ingiustizia? Essere genitori significa soprattutto cercare di capirla, di venirle incontro. Non significa dargliele tutte vinte, o fare voi i compiti al posto suo, o tollerare comportamenti maleducati. E -per caso- suo marito le ha detto quanto era bravo lui alla sua età? E questo, secondo voi, come fa sentire vostra figlia? Che cosa pensa, secondo voi, mentre l’insegnante le segna 4? Mettetevi nei suoi panni. Proverà il terrore di dovervelo dire. 

Sono sicurissima che la adorate, e che non vorreste mai farle del male, ma noi genitori possiamo fare molto male ai nostri figli senza accorgercene.

Quante ore state con lei al giorno? Avete riflettuto su questo? Se lavorate non è colpa vostra, lo so. Ma è colpa sua allora?

Quando prende un brutto voto ditele qualcosa così: “Non importa. Il brutto voto significa che non hai capito, o che non hai dedicato abbastanza tempo, non so. Secondo te, come potresti fare per prendere almeno la sufficienza? Vedrai che poi migliorerai più avanti.  Pensaci, dai, e poi fallo. Se vuoi ne parliamo, ma devi decidere tu. Metticela tutta, tesoro, vedrai che ce la farai.”

Niente rimproveri. Anche l’insegnante a volte dà delle insufficienze che non sono affatto dei rimproveri. Come vi ha brillantemente detto Cecilia, voi non sapete come si sente lei: si sente “una stupida incapace, che non ha la possibilità di sfogarsi”. Volete toglierle anche la danza?

Sapesse quante volte ho dovuto dire questo ai genitori! Alcuni perché erano stati molto bravi e non accettavano il fatto che i figli potessero avere delle difficoltà. Altre volte perché non avevano alcun titolo di studio e “volevano bei voti”, perché pensavano che fosse solo una questione di volontà e non si rendevano conto delle difficoltà dello studio.

Ho cercato di essere più chiara possibile, anche a costo di essere spiacevole. Ma spero che le mie parole l’aiutino, Federica. E aiutino le sue due figlie.
Dica a suo marito di leggere il mio libro. Anzi, leggete tutti e due i libri. Magari insieme. Mi faccia sapere.

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