Se un bambino si fa male a scuola di chi è la colpa?

Idee e riflessioni
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C’era una volta un’insegnante (io) che prestava servizio in una scuola media, che aveva un campo da calcio regolamentare (m. 110 x 75).

Quell’insegnante, a volte, aveva lezione al pomeriggio e, come facevano tutti gli altri insegnanti, un giorno portò i suoi ragazzi, dopo la mensa,  a sgranchirsi le gambe nel campo da calcio. Tutti contenti, i ragazzi correvano e saltavano da una porta all’altra sotto i miei occhi vigili. Che bello!

Ma fu la prima e l’ultima volta, perché dopo pochi minuti l’insegnante vide  due alunni che si azzuffavano vicino alla porta da calcio (erano lontani e non li riconosceva, ma che fossero suoi o di altri non aveva importanza, perché gli insegnanti devono impedire a tutti di farsi del male). Si rese conto con terrore che se per caso uno dei due avesse spaccato gli occhiali al compagno con un pugno, e lo avesse reso cieco, o si fosse appeso alla traversa (che qualche volta abbiamo letto sulla cronaca che può cadere schiacciando un alunno) lei – la professoressa – era troppo lontana (almeno 55 metri perché si era messa a metà campo) e difficilmente sarebbe  riuscita a raggiungere i ragazzi e a evitare il peggio. Capì in quel momento che se fosse accaduto un incidente, anche piccolo, sarebbe stata additata come la responsabile, al grido di “e dov’era la professoressa!?”.   La volta successiva i ragazzi non scesero in campo nel dopo mensa, mentre le altre due classi sì.  E il giorno dopo alcuni genitori andarono agguerriti dal dirigente, perché obbligasse la professoressa a portare  i loro figli a giocare nel campo. Ed ecco come rispose la professoressa (sempre io): “Assolutamente no! Non ci penso nemmeno a portarli giù, perché è troppo pericoloso, in quanto io non posso coprire tutto il campo.”. E i genitori “Ma che cosa vuole che succeda! Non è mai successo nulla! Ce li portano tutti! Solo lei non vuole. Le diamo noi il permesso”. E l’insegnante rispose. “I genitori sono tutti belli e bravi finché non accade nulla. Ma voi stessi, se capitasse un incidente, correreste dall’avvocato, che vi direbbe ‘Ma l’insegnante dov’era? Deve pagare! Questa è ‘culpa in vigilando’, Adesso le facciano una bella causa e paga”. Perché non conta il permesso dato dal dirigente o dai genitori (c’è anche chi dice “Se si comporta male lei gli dia pure un schiaffo con il mio permesso”) quando una cosa è pericolosa, o illegale, nessuno ti può ordinare o dare il permesso di farla. E tu non puoi eseguire un ordine illegale.”

Allora, cari colleghi,  ricordate sempre che se accade un incidente (piccolo o grande non importa) o addirittura una disgrazia, la frase sulla bocca di tutti è “Ma l’insegnante dov’era?”. E non sono i genitori degli alunni che devono dimostrare che siete colpevoli. Siete voi (leggi: avvocati e parcelle, quindi soldi, oltre alla paura e al dolore immenso per quello che è accaduto al vostro alunno) che dovete dimostrare che non avete potuto impedirlo. Nel campo da calcio, posso garantire che riuscirò a correre così veloce da riuscire a bloccare qualcuno in pericolo? Risposta: no. Quindi: colpevole di culpa in vigilando. Nella scuola  in cui un bambino è rimasto per 30 secondi senza sorveglianza, è precipitato e non si è più risvegliato, a chi sarà data la colpa? All’insegnante e alla bidella. Perché a nessuno interessa il fatto che i bidelli dovrebbero essere molti di più, e la bidella e la maestra non hanno potuto fare altro. Indagati, processati e poi probabilmente condannati. 

La morale di questa (che non è una) favola è che gli insegnanti devono smettere assolutamente di fare qualsiasi cosa che sia anche minimamente pericolosa.

Certo, sarebbe bello che bambini e ragazzi potessero correre in un bel giardino, fare tante belle attività, ma nelle scuole, finché continueranno a fare tagli, a ridurre il personale, non si può e non si deve più fare nulla che non garantisca la sicurezza totale del bambino o del ragazzo.

Gli insegnanti molto spesso rischiano, perché se si deve fare qualcosa di bello  per i bambini, sembra ingiusto non farlo. Ma non è giusto fare attività o coprire le tante mancanze dello Stato, ricevendo da parte dei genitori e della società tutta diffidenza e accuse. Allora io dico agli insegnanti che devono smettere di rischiare, perché le classi sono stracolme, i bagni sono pochi e lontani,  non c’è personale, non ci sono bidelli a sufficienza (fate il conto di quanti bidelli ci vorrebbero in una scuola di 200 bambini perché  ogni bambino potesse essere accompagnato in bagno. E poi chiedete nella scuola dei vostri figli quanti ce ne sono effettivamente).  Le mancanze sono degli altri e alla fine chi la paga è l’insegnante. Giornalisti e opinione pubblica sono sempre pronti a far montare la polemica e a lanciare accuse. Come se l’insegnante mandasse il bambino in bagno da solo perché sta chiacchierando e prendendo il caffè. È giusto? 
Dov’era l’insegnante? Era in classe, a gestire da solo 25 bambini, molti dei quali educati a casa a fare quello che vogliono!

Quante volte abbiamo detto e ridetto che ci sono pochi bidelli, pochi insegnanti, troppi alunni per classe? A qualcuno è interessato il nostro grido di allarme? No, assolutamente. E adesso si punta il dito contro insegnante e bidella che “hanno lasciato solo il bambino”. Ditelo, alla mamma del bambino che è precipitato, di chi è la vera colpa. La colpa è dello Stato, e anche di questo tipo di società. Non solo oggi, ma da decenni.
E tutti noi che votiamo, che educhiamo i nostri figli e nipoti, che tolleriamo l’intollerabile, chiediamoci se abbiamo qualche responsabilità. 
Tutto va bene finché non accade nulla. La gente capisce solo a disgrazia avvenuta. Adesso la disgrazia è arrivata, e ha tramortito il personale di tutte le scuole d’Italia. Statene certi. Speriamo almeno che la morte del bambino scuota le coscienze dei politici di tutti i colori.

D’ora in poi, quando gli insegnanti denunciano i problemi, ascoltateli con più attenzione, perché gli insegnanti passano il giorno a proteggere i vostri figli. E provano un dolore immenso quando un bambino muore. Leonardo era un alunno di tutti gli insegnanti d’Italia. 

Continuazione QUI.

 

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