Sono una “collega maggiore”.

Idee e riflessioni
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“Ancora una volta devo ringraziare questa collega maggiore.”

Un lettore o una lettrice ha iniziato così la sua recensione al mio libro “Maleducati o educati male?”.

Mi è piaciuta tantissimo la definizione che ha dato di me: “collega maggiore”. Perché è proprio questo che sono e che voglio essere per chi mi legge: solo una collega maggiore.

Se fossi una professoressa universitaria o una psichiatra o una pedagogista e non avessi mai insegnato nelle scuole, non mi sentirei utile come mi sento oggi. E sicuramente non mi sentirei migliore, perché ci sono cose che possono essere stupende in teoria ma che diventano irrealizzabili nella pratica, fra mille impedimenti burocratici, e quando si scontrano con ventotto personalità che agiscono (e a volte soffrono e mostrano tutto il loro disagio) in contemporanea.

Sono una “collega maggiore” che mette a disposizione quello che sa. Mi fa piacere farlo: lo facevo a scuola e lo faccio oggi, perché ci credo.  In realtà ce ne sono tanti, nelle scuole d’Italia, di insegnanti come me, che fanno cose stupende anche con bambini e ragazzi davvero difficili.

Magari – rispetto ad altri – io posso aver avuto più coraggio a sperimentare, senza preoccuparmi del fatto che c’erano buone possibilità che non capissero quello che stavo facendo né i genitori né i colleghi e neanche il dirigente; o posso essere riuscita a mettere in discussione tutto quello che avevo studiato e che mi era stato presentato come “il modo giusto di insegnare”, e soprattutto ho voluto mettere in discussione tutto quello che facevo, anno dopo anno; e sono riuscita ad accettare la frustrazione senza buttare la spugna quando mi accorgevo che quello che stavo provando non era come lo avevo immaginato, e ho avuto sempre la forza di ricominciare tutto da capo.

Ho letto le cose più disparate con il desiderio di vedere se potevo usarle per coinvolgere i ragazzi, e sono sempre stata disponibile ad imparare da tutti (cosa che continuo a fare), perché sono convinta del fatto che nessuno può credersi “arrivato”, neanche dopo trent’anni di insegnamento.

Ed è così che vorrei che mi consideraste. Una che può insegnare qualcosa, ma anche una che può ancora imparare molto. Ma non da chi propone panacee innovative. Non da chi parla per teorie. (E vorrei stringere la mano a chi ha scelto il mio libro “L’arte di insegnare” come libro di testo all’Università di Pisa per l’esame di psicologia). Vorrei potermi trovare dappertutto per imparare proprio  dai colleghi che lavorano meravigliosamente con i bambini e i ragazzi, giorno dopo giorno e fanno cose stupende. Come per esempio questi

Colleghi più esperti, guardatevi intorno e offrite il vostro aiuto. 

Insegnanti in difficoltà, guardatevi intorno e non abbiate timore a chiedere aiuto. 

Non sempre è una questione di età. 

 

Ecco chi sono, se non avete ancora letto.

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