Sugli insegnanti picchiati. “Anche gli insegnanti verranno dotati di armi”

Idee e riflessioni
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Anche gli insegnanti verranno dotati di armi.
Ogni 4 giorni un insegnante viene picchiato

Fortunatamente “Anche gli insegnanti verranno dotati di armi” non è una dichiarazione del Capo della Polizia riportata dai media, ma una proposta che temo che qualcuno prima o poi farà.

Ma “Ogni quattro giorni un insegnante viene picchiato”, è un dato che tutti i media hanno diffuso. 

Pugni, schiaffi, calci, coltellate, occhi neri, costole rotte, nasi fratturati. Insegnanti legati, spintonati, Ma anche umiliazioni, derisioni, insulti, o minacce come “Ti rovino”, “T’ammazzo!”, “Te faccio scioglie’ in mezzo all’acido”. E sappiate che molti altri casi di minacce, insulti e aggressioni agli insegnanti non arrivano ai media, ma accadono.

Facciamo il punto della situazione, allora.

Gli insegnanti vengono picchiati, umiliati e insultati da ragazzini o ragazzoni. Perché? Come può accadere? E i ragazzi, perché lo fanno? E noi, che cosa dobbiamo fare?

Cerco di dare la mia lettura di quello che sta accadendo.

A volte sono figli educati alla violenza per mezzo della violenza; sono stati educati con gli insulti, con le minacce, con gli sputi e con i “vaffanculo”; altre volte sono figli che sono stati educati a pensare che il mondo è un giardino e loro sono i re che possono dire “Io voglio!”, sono stati educati a pensare che a loro tutto è dovuto e tutti devono obbedire. Compresi gli insegnanti. E di solito anche i genitori (che a volte vengono picchiati dai figli, sappiatelo. Noi lo sappiamo perché ce lo confessano i genitori stessi durante i colloqui).

Non insisto su questo argomento perché ho già espresso tutto quello che ho capito e che penso in “Maleducati o educati male?”, e in molti articoli che ho scritto.

Dico solo che quei ragazzini e ragazzoni, che insultano, deridono e picchiano gli insegnanti, sono la conseguenza di un’educazione sbagliata.

Se hanno meno di 14 anni non sono penalmente perseguibili. Però, i genitori sì.

Quando gli alunni minori o maggiori di 14 anni insultano o deridono un insegnante i provvedimenti disciplinari devono essere automatici. Non importa nulla se “l’insegnante avrebbe dovuto, ma…”, “l’insegnante non ha autorevolezza”, ecc. Non è che si possa giustificare uno accusando un altro. Di eventuali errori dell’insegnante se ne parla in un’altra sede e non deve essere affare né dei genitori né degli estranei al mondo della Scuola; sarà il dirigente, sarà il Ministero, saranno i colleghi quelli che si occuperanno della posizione dell’insegnante, aiutandolo o rimproverandolo. E se l’insegnante ha commesso dei reati saranno gli avvocati e poi i giudici (quelli veri, che hanno studiato, non quelli televisivi o casalinghi) a occuparsene. Degli insegnanti pessimi ho già parlato, ma non sono certo quelli che vengono picchiati o che non reagiscono. Tra l’altro – lo dico per chi si chiede perché l’insegnante bullizzato non reagisce (e vede in questa mancanza di reazione un segno di incapacità) chiarirò che l’insegnante che si trova in una situazione come quella che si vede in certi video che girano in internet non può fare nulla. Che cosa potrebbe fare? Se rispondesse con un pugno a uno schiaffo, o se anche soltanto alzasse le mani per impedire al ragazzo di spintonarlo, l’azione diventerebbe una colluttazione, e l’insegnante verrebbe (giustamente) accusato e condannato; se rispondesse per le rime, per esempio rispondendo a un “coglione” con un “vaffanculo, deficiente”, sarebbe forse accettabile da parte di un educatore? E se uscisse dalla classe, sarebbe accusato di “abbandono di minore”, di “culpa in vigilando” ecc.

Nel caso di minacce o di gesti che somiglino anche lontanamente all’atto del picchiare sono i docenti stessi che devono sporgere denuncia nei confronti dei genitori, per esempio per “culpa in educando” (per approfondimenti rimando a quanto stabilito dalla Corte di Cassazione – Sez. Civ. Sez. III n. 1251/2000-).

Dico anche che i ragazzini (per i minori di 14 anni, i loro genitori)  o i ragazzoni (maggiori di 14 anni, in prima persona) che picchiano gli insegnanti devono essere denunciati senz’altro. Per il loro bene.

Preciso che c’è la tendenza da parte di alcuni dirigenti a non compiere azioni che possano compromettere il “buon nome” della scuola che gestiscono, o creare grane da affrontare (e per questo pretendono dal docente – spesso spaventandolo quando non minacciandolo – che non sollevi polveroni, o che “perdoni” i ragazzini o i ragazzoni che hanno compiuto le violenze).

Ma credo che lasciar passare fatti così gravi sia un grosso errore sia nei confronti degli alunni (ai quali viene insegnato “Continua così, perché come vedi non ti succede nulla”) che nei confronti dei docenti (che sono lavoratori impegnati in un lavoro molto difficile, con grandi responsabilità, e non sono zerbini da calpestare).

Invito chiunque venga fatto oggetto di qualsiasi forma di violenza (anche lieve) da parte degli alunni a comportarsi così: prima di tutto si pretende (per iscritto) dal dirigente che intervenga a livello disciplinare, senza lasciarsi convincere a “perdonare”, o a punire con ridicole e inutili “sospensione con obbligo di frequenza”. Si va a casa, si riflette a lungo e ci si chiede se c’è stato qualche errore da parte nostra. A questo rispondo io: “No, per quanto un insegnante possa aver commesso qualche errore, non può essere così grave da provocare una reazione violenta con pugni e coltellate”.

Poi si va dai carabinieri e si sporge denuncia, a titolo personale, contro i genitori dell’alunno o contro gli alunni stessi se maggiori di 14 anni. Anche se il dirigente non vuole.

Il giorno dopo si torna a scuola e ci si riunisce tutti insieme, preoccupati per l’alunno sospeso o bocciato, per decidere che cosa si può fare per aiutarlo. Se è vero – come affermo – che il suo comportamento è il frutto di mala educazione o addirittura di assenza di educazione, non ha colpa lui di quello che ha fatto. Ma questo non toglie che deve imparare che quando sarà adulto quei comportamenti (che siano il frutto di un’educazione sbagliata o di suoi problemi psicologici, alla Legge non importa) potranno portarlo in prigione o – peggio, molto peggio – a uccidere qualcuno. Quindi bisogna punirlo e poi mettere il massimo impegno per aiutarlo a migliorare il suo comportamento sociale.

Ed infine passiamo ai genitori che arrivano a scuola furibondi e aggrediscono, insultano, minacciano e/o picchiano un insegnante. Perché lo fanno? Come comportarci quando accade?

Ecco, questa è la parte più semplice: ma chi se ne importa del perché lo fanno? Non devono farlo! Dato che non sono ragazzi, non interessa nulla dei motivi che li ha spinti a farlo, e neanche di quali problemi hanno. Sono stati educati alla violenza? Hanno ricevuto una pessima educazione? Sono violenti perché alcolisti? O tossicodipendenti? Hanno sofferto da bambini? Sono stati licenziati? Si sono appena separati e stanno soffrendo? Hanno di problemi psichiatrici? Sono delinquenti abituali? Non lo so.  Ma niente può giustificare le minacce, gli insulti e tanto meno la violenza fisica (lo ribadisco, neanche minima, come un dito puntato con forza su una spalla).

Siamo pubblici ufficiali, siamo lì al servizio della società e dello Stato italiano, ce la mettiamo tutta. Dobbiamo accettare di prendere calci, pugni e coltellate da energumeni uomini o donne (che di solito sono anche pessimi genitori che credono di essere bravi perché picchiano gli insegnanti “perché mio figlio deve sapere che noi lo difendiamo”) che usano con noi la violenza perché non ci adeguiamo alla loro idea di Scuola, di rimprovero, di quantità di compiti, di valutazione, di metodi d’insegnamento, ecc. ecc. Ma sono loro che devono dirci come fare il nostro lavoro? Devono dirci se bocciare o promuovere, se rimproverare o no, se possiamo dire “non è tutta farina del tuo sacco” invece di “vedo che hai copiato perché non è il tuo stile di scrittura, non usi mai questi termini e questa sintassi, non sei mai preparato” quando vediamo chiaramente che l’alunno ha copiato? Dobbiamo chiedere il permesso ai genitori se vogliamo mettere una nota disciplinare? O farci spiegare quando dobbiamo assegnare un provvedimento disciplinare o quando non dobbiamo farlo? O addirittura valutarci, come se avessero le competenze per farlo? Ma, colleghi, scherziamo? Ma che cosa è preso a tutti? Ma che cosa siamo diventati? Zerbini? Pungiball? Siamo stati sui libri per anni, facciamo corsi di aggiornamento e riunioni continue per poi andare a lavorare con la paura di essere aggrediti perché abbiamo rimproverato un bambino? O perché lo abbiamo interrogato, o perché – al contrario – non lo abbiamo interrogato? O perché lo abbiamo interrogato due volte di seguito? O perché lo abbiamo (tutti insieme) bocciato? O perché gli abbiamo dato 9 invece di 10? La casistica assurda è lunghissima.

Ma ribellatevi, una buona volta! Il prossimo anno decidete di non lasciar passare neanche un tono sgarbato o un volume alterato della voce, né da parte degli alunni né da parte dei genitori. Ripetete con me:  “Adesso, basta!”.

Nella mia carriera quando un genitore mi diceva “Lei interroga troppo spesso mio figlio”, oppure “Lei gli sta sempre addosso e quando chiacchiera lo rimprovera sempre”, pensavo fra me e me che non avrebbe dovuto entrare nel merito delle mie scelte didattiche ed educative, ma ritenevo che fosse mio dovere spiegargli, fargli capire le mie scelte. Ma se aggiungeva “perché ce l’ha con mio figlio” io rispondevo “Signora, il colloquio è finito perché lei è passata agli insulti, perché per un insegnante, sentirsi dire ‘ lei ce l’ha con mio figlio’ è una cosa gravissima. È come dirgli “Lei è un insegnante pessimo”, perché un insegnante che “ce l’ha” con un alunno significa che prova avversione e non è pensabile che possa essere un buon insegnante. Torni quando ci avrà riflettuto un po’. Per il resto, io sono a sua disposizione per spiegarle, per aiutarla, e per aiutare suo figlio.”.

Da adesso in poi (lo ripeto di proposito, per ribadirlo), vista la situazione senza precedenti, frutto di anni e anni di svilimento della figura degli insegnanti, visto il clima di odio e di “tutti contro tutti” che si registra in politica, sui media e sui social, bisogna che ogni insegnante prenda consapevolezza del fatto che è assolutamente inaccettabile permettere ad alunni e genitori atteggiamenti verbalmente aggressivi o veri e propri attacchi fisici. 

Ribellatevi! Ripromettetevi di non accettare più la minima (ma proprio minima) parola aggressiva o il minimo (ma proprio minimo) gesto violento. Bisogna agire subito e percorrere tutte le strade legali che abbiamo. Il nostro lavoro è già anche troppo usurante. Vogliamo anche uscire da scuola vilipesi o pestati a sangue?

E la ribellione (legale) ai soprusi è uno più importanti insegnamenti che potete impartire.

A meno non vi sembrino una soluzione i taser o le armi, come negli Stati Uniti d’America. Come qualche politico italiano ha già cominciato a proporre.  Ma non mi pare che per quanto riguarda la Scuola gli USA possano insegnarci qualcosa.

Per finire, colgo l’occasione per suggerire al Ministero di inserire nella Scuola secondaria di primo e di secondo grado una materia nuova: Diritto. Ma non appioppandola al solito insegnante di italiano. Proprio assumendo avvocati,  apposta per insegnare e approfondire il concetto stesso di “Legge”, e altre nozioni che sembrano essere sconosciute a ragazzi e adulti: “Legale”, “Illegale”, “Reato”, “Condanna penale”, “Lesioni”, “Diffamazione”, “Minaccia”, “Oltraggio a Pubblico Ufficiale”,  ecc. I particolari sono da studiare. Iniziamo a parlarne.  

Leggete anche “Insegnanti, ribellatevi!”

 

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